Il pensiero del granchio 
(Inverno 2005)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino.

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Pensieri di granchio sul diritto alla vita

Ecco, la vita è bella se te la puoi godere. Non se trovi ogni modo per non godertela e per evitare che altri se la godano. Ma c'è chi confonde il diritto alla vita col diritto alla nascita: se uno spermatozoo incontra un ovulo si deve levare il cappello prima di entrare e l'embrione così formato deve assolutamente diventare la persona decisa dal destino o da chi per lui. Assicurata la nascita, se il bimbo e l'uomo o la donna è infelice, chi se ne frega? La società non si cura della felicità di quelli che hanno inventato e tengono a perpetuare la società, per avere almeno una certa sicurezza dalle avversità naturali e dai delinquenti. Ognuno deve farsela da sé la sua felicità. Questo per molti umani significa fare a gomitate all'asilo, sbattere la paletta in testa a chi vorrebbe aiutarli a costruire un castello di sabbia, ammazzare lucertole e cavallette, tirare sassi ai gatti e legare barattoli alla coda dei cani, scarabbocchiare i quaderni, i libri e i muri delle scuole, fumare, drogarsi e inchiodarsi piercing sulla pancia e in ogni parte del corpo, passare le nottate ad ascoltare musiche inebrianti ad alto volume, correre sui motorini e sulle automobili, guardare spettacoli-pantografi in TV. Gli spettacoli-pantografi sono quelli che mostrano ragazzacci e ragazzacce sdraiati sulle spiagge o chiusi in una stanza a dire ovvietà mentre chi li guarda fa le stesse cose, come accade quando un pantografo ricalca un disegno e lo riproduce su un altro foglio. Si sa, l'uomo, come altri animali più o meno intelligenti, è portato all'imitazione che spesso è benefica, serve a diffondere l'esperienza e a formare la cultura. Quelli che lo sanno e preparano gli spettacoli per la TV dicono che devono andare incontro ai gusti del pubblico e non fare un'antipatica televisione pedagogica.
Ma noi cittadini abbiamo o non abbiamo diritto alla vita? No, solo alla nascita e ad un benessere commisurato alla quantità di soldi che possiamo spendere. Un momento, non soldi di qualunque tipo, comunque acquistati, dovunque conservati e dovunque investiti. Guai a chi, abbagliato dalla promessa di guadagni colossali, ha sbagliato gli investimenti...
Si passa la vita facendo scommesse: si può vincere o perdere. C'è chi vince sempre e chi perde sempre, chissà perché. E' il caso.
Eppure la vita è dolce, come hanno affermato Dante e Fellini. Dante, che andava esule in giro per l'Italia a cercare la sua libertà, parlava del suo paradiso, abitato dalle sue persone più amate o ammirate - Beatrice, Cacciaguida - e un po' anche del paradiso disegnato dai padri della Chiesa per i poveri cristiani medioevali. Fellini, come tutti sanno, volle accarezzare con la sua cinepresa una vita cittadina frivola ed effimera di gioia fugace e malinconica. 
Eppure la vita, sia pure di stenti e di sacrifici, è dolcissima, non si può negare, e nessuno vuole rinunciarci, a parte qualche eroe solitario da non imitare e da non confondere con gli infami, stolidi kamikaze assassini.
E come si fa a godersela? Mettiamo che un giorno, per godermela io voglia andare un mesetto, che so, in una bella isola del Pacifico... E va bene, è meglio rinunciare, per via dello tsunami, anche se là ormai lo tsunami è passato e, tra poco, i cadaveri saranno tutti bruciati o inumati o seccati dal sole, e la miseria sarà quella di sempre. Andiamo tutti alle solite spiagge del Mediterraneo, dove i gusti chiassosi della gioventù si possono sicuramente soddisfare, ma non quelli di un vecchio granchio che, prima di uscire dal suo buco, ci pensa dieci volte e poi, quando è fuori, vuole starsene al sole in silenzio a respirare un po' d'aria salmastra e ad ascoltare solo il rumore del mare, i gridi dei gabbiani e il soffio della brezza tra i cespugli di mirto sulle dune. Su queste spiagge si rischia continuamente di morire schiacciati da una pallonata o dallo scafo di un wind-surf che decida all'improvviso di tornare a riva.
Va bene, lasciamo stare i granchi e il loro diritto alla vita, che è un'inezia. Vogliamo esaminare il caso di un giovane appassionato di calcio? Lui al mare ci viene con la sua radiolina per sentire i risultati delle partite e con un pallone per esercitarsi. Chi è disposto a giocare con lui si trova subito. Ma che ci viene a fare sulla spiaggia? Ci sono tanti campi di calcio in città e per lui il divertimento sarebbe sempre assicurato. Il pericolo maggiore viene dalla ragazza piena di piercing, amante delle spice girls o roba del genere. Il granchio la guarda inorridito e viceversa. Ma perché lei teme il granchio, quando è stata capace di sopportare la tortura dell'applicazione dei piercing? Tuttavia le ragazze e i ragazzi stanno benissimo sulla spiaggia a chiacchierare ad altissima voce sdraiati o seduti su tappeti di cicche infilzate nella sabbia rovente. E' la famigliola che viene, ai week end, dalla città per distendersi e rinfrancarsi quella che trova ostacoli quasi insormontabili sulla spiaggia e, a sua volta, crea ostacoli per i giovani bighelloni. Il padre di famiglia dà volentieri anche lui qualche calcetto al pallone ma, appena può, si sfoga a sgridare a pieni polmoni e con grande vis tragicomica i giovinastri che abbiano urtato o spruzzato un membro del clan: la moglie, il cognato o il nonno.
Questi trattati fin qui sono esempi di godimento della vita o almeno di tentativo di godimento. Sulle avventure balneari e sulle vacanze invernali hanno già detto tutto i filmettacci più o meno comici italiani degli anni sessanta, trascinati a fatica fino ai nostri giorni. Ai quali filmettacci si rimanda il lettore e lo studioso.
Ma una vita non goduta è vita o non è vita?
Vita, da che mondo è mondo, significa passare meglio che si può i pochi anni che si hanno a disposizione prima della morte.
Ah, dicono i figli, ce lo potevi dire prima! Tu ci metti al mondo solo per condannarci a cercare una quasi impossibile felicità che finisce in un nulla imperscrutabile! Ci butti in questo mondezzaio che nessuno di voi, 6 o 7 miliardi, ha voglia di ripulire per noi e che noi lasceremo ai nostri figli. Sai benissimo che, se non noi, i nostri figli o nipoti dovranno morire soffocati per mancanza di ossigeno, assetati perché l'acqua scarseggia, bruciati dal caldo infernale che voi avete provocato sulla terra ormai avvelenata. E voi parlate di amore, di sacrificio per i figli? Dite che lo fate in nome di Dio? Vergognatevi! Voi fate anche le guerre in nome di Dio. Prima di generare un figlio guardatevi bene intorno. Vi sembra un posto dove si possa vivere almeno in pace? Certo, anche la pace per voi è diventato un concetto negativo, come la libertà (quella vera), e l'uguaglianza tra gli uomini che non hanno voglia di sopraffare gli altri (se esistono).
In ogni caso io rivendico il diritto alla vita per tutti, non solo per chi può permettersi di godersela.
La gente ha un senso strano del diritto. Per esempio, qualche tempo fa, in una trasmissione televisiva che parlava di informatica, ho sentito uno che diceva: ormai la 'banda larga' è diventata un diritto, volendo significare che le società telefoniche dovrebbero installare l'attrezzatura adatta all'uso dell'ADSL anche nei piccoli comuni. Benissimo, se lo fanno siamo tutti contenti. Ma chi non guadagna - come reddito individuale e non del 'nucleo familiare' su cui si fonda la politica economica di molti economisti mentitori -  almeno 1300 euro al mese non può permettersi né la banda larga né altre piccole innovazioni alla portata del ceto medio-alto. Naturalmente chi guadagna 1300 euro e deve vivere da solo, pagando l'affitto o il condominio, i pasti, il vestiario, l'arredamento, il trasporto, l'istruzione, le medicine e le vacanze, muore di fame.
 
mic.dang@tiscalinet.it
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