Il pensiero del granchio
(Aprile 2003)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo
buco-giardino.
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Manifesto
Mafiosi di tutto il mondo, politici infingardi e corrotti, grandi costruttori
e spacciatori di armi e droghe, guardatevi bene dall'unirvi: separatevi
invece, rompete le righe, tornate alle vostre case, e non tentate di baciare
i vostri bambini, che tanto scappano. Da tutto ciò che abbiamo visto
e letto appare chiara la vostra responsabilità per il sangue sparso
in questa guerra e per tante altre vostre imprese nel mondo.
Sia chiaro che il Granchio non ha nessuna voglia di unire la sua voce
ai cori dissonanti dei cronisti e dei commentatori di questa guerra. Ma
qualche pensiero gli frulla sulle assurdità che si dicono e si fanno.
Per esempio, si domanda perché nei quartieri generali dei generosi
napoleonici dispensatori di libertà, che questa volta si sono fatti
seguire da stuoli di efficientissimi lavoratori dell'Informazione, vengono
licenziati in tronco i giornalisti disubbidienti e quelli "antipatici"
di certe nazionalità. Per fortuna quelli che sono rimasti in servizio
hanno diffuso tanti filmati da investire tutto il mondo con una valanga
di notizie, talora contraddittorie e spesso smentite al collegamento successivo,
che alla fine possono dare un quadro abbastanza chiaro degli avvenimenti.
Si sa che in guerra, e spesso anche in pace, c'è una tale confusione
che niente può essere considerato certo finché non venga
confermato da molti testimoni. Al Granchio non interessano i particolari
di questa guerra. Lui vorrebbe solo capire che succede alla specie umana
oggi. In sostanza la volontà generale mondiale, ricavabile sia dalle
manifestazioni oceaniche per la pace, sia dai sondaggi di opinione che
agli esperti di politica e a certi cinici frequentatori di dibattiti televisivi
sembrano più attendibili, non è riuscita a fermare gli zelanti
esportatori di libertà e democrazia, decisi a sperimentare le loro
nuove costosissime bombe intelligenti, il cui prezzo, come è noto
- mi vergogno a ripeterlo - basterebbe a sfamare e a curare l'intera umanità
e forse anche a riparare i danni arrecati all'ambiente nel secolo scorso.
Qualcuno ha detto che la guerra è diventata un tabù per la
maggior parte dei giovani, come l'incesto o l'antropofagia. E, come tutti
i tabù, è destinato ad essere infranto. Benissimo, se è
un tabù, una sorta di peccato mortale - che poi, se non ricordo
male, esiste già da parecchi millenni nella sua forma sintetica
ed estesa 'non uccidere' - dovrebbe essere incluso come grave reato in
tutte le legislazioni del mondo, come è nella nostra costituzione.
In tal modo ad infrangere il tabù sarebbe un'associazione a delinquere,
non un governo democratico. In una legislazione che contemplasse il reato
di 'azione di guerra', i cosidetti crimini di guerra sarebbero solo aggravanti,
perché sarebbe chiaro a tutti che tali crimini hanno come premessa
e movente una 'guerra guerreggiata'.
L'America è un grande paese che io amo, come amo l'Inghilterra,
la Francia, la Germania, tutti gli altri che conosco e, soprattutto, quelli
che non conosco. E amerei anche le bombe intelligenti, se fossero usate,
in casi gravissimi, da un corpo di polizia mondiale per distruggere i covi
e le armi di assassini certificati dalla magistratura, purché fossero
bombe talmente intelligenti da schivare ogni essere vivente. Quello che
non sono capace di concepire è una tale generalizzazione da asserire,
per esempio, che gli iracheni sono tutti terroristi e gli americani sono
guerrafondai ben poco democratici e liberali. E' una evidente falsità:
anche gli americani hanno partecipato in massa alle manifestazioni per
invocare la pace. Li abbiamo visti. E abbiamo visto anche i poliziotti
brutali che li arrestavano. E in questi giorni, guardando i filmati, i
panorami notturni e diurni con le cupole delle moschee, i minareti, il
fiume e i pennacchi multicolori di esplosioni, e ascoltando il commento
concitato delle eroiche inviate di guerra (che poi eroiche non sono tanto,
come ha detto saggiamente Lilli Gruber quando ha commentato il terrore
generato da un carrarmato americano che ha sparato sull'albergo pieno di
giornalisti, uccidendone un paio), mi sono innamorato di Bagdad e dei poveri
iracheni costretti a vivere sotto i bombardamenti per molti giorni. In
un mondo in cui già gli affaristi hanno attuato la loro globalizzazione,
ma che si avvia - deve avviarsi - ad una forma di globalizzazione dei popoli
democratici, con una legislazione comune superiore a quella dei singoli
stati, non è più lecito confondersi: la volontà di
un governo non è mai quella di un popolo. L'onta che colpisca un
governo colpevole di delitti non può, non deve ricadere sulla povera
gente che l'ha votato o non l'ha votato, specialmente quando la percentuale
dei votanti si è ridotta ad un terzo, perché non crede più
di vivere in democrazia! O specialmente quando la percentuale dei voti
si aggira tra il 90 e il 100 per cento, il che puzza di voto coatto, o
quando, a percentuali più basse, è stato comprato o estorto.
Ma allora dove sta la democrazia? Forse, nelle manifestazioni? No, anche
quelle possono essere costrette o comprate. Forse nel libero mercato? Non
ho visto niente di più autoritario e oppressivo della maggior parte
delle imprese e delle associazioni di imprese che guidano e piegano il
mercato ai loro più o meno sporchi interessi. Credo che siamo tutti
d'accordo nel ritenere che non ci sia democrazia nelle bande di terroristi,
di mafiosi, nei politici corrotti e assetati di potere e neppure nei banditori
religiosi di guerre sante. Eppure tutte queste entità infestano
le società moderne orientali e occidentali. E se un corpo, apparentemente
sano, è formato da organi malati, è inevitabile concludere
che quel corpo è malato. Sta a vedere che l'impero americano (da
non confondere col suo popolo) voleva esportare qualcosa che non esiste!
O almeno che esiste solo nelle forme esteriori e più nel sogno della
povera gente, che spera, con essa, di ottenere la pace, la tranquillità,
la giustizia, la libertà che da millenni non ha mai potuto raggiungere
in nessun paese del mondo, forse con piccole oasi eccezionali. E sia ben
chiaro che questi concetti astratti, che vengono spesso invocati dai più
biechi malfattori, non mi bastano. Che ci vuole? Smettetela di infastidirmi
con le vostre armi, i vostri bombardieri, i vostri gridi minacciosi, i
vostri dollari, i vostri dinari, le vostre ricostruzioni lucrose, i vostri
barili di petrolio, le vostre speculazioni in borsa, i vostri assassinii,
la vostra voglia di umiliare gli altri, la vostra boria, la vostra volontà
di potenza.
Pur accecato dalla rabbia per la carneficina attuata, non posso non
ringraziare i "chirurghi" della guerra che, con le loro armi "intelligenti"
e certe attenzioni come quella di non alzare mai la bandiera americananelle
città occupate, si sono preoccupati di evitare, anche se non ci
sono riusciti bene, un alto numero di vittime innocenti. In fondo sono
come i chirurghi e i medici professionisti: finché non ti ammazzano,
fanno del loro meglio per curare quello che credono sia il tuo malanno.
Quelli che compatisco sono i medici, gli infermieri e soprattutto i feriti
degli ospedali di Bagdad.
E ora che la guerra, secondo qualche ottimista, è finita comincia
l'inferno in Iraq: fame, sete, distruzione, saccheggi, linciaggi, puzza
di cadaveri, pericolo di gravissime epidemie, aiuti umanitari resi impossibili
per gli arrembaggi dei disperati e la disorganizzazione di chi viene da
un altro mondo e non ha ancora capito che una società che ha bisogno
della polizia per apparire tranquilla non può mai funzionare davvero.
E la colpa non è certo dei cittadini. E' colpa di chi li governa
mantenendoli, almeno per una parte, in condizioni di indigenza.