Il pensiero del granchio 
(Marzo 2003)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino.

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Sfogo di marzo
Come uomo-granchio un po' stupido del 20° secolo, ho assistito attonito a cambiamenti che mio padre non avrebbe mai immaginato e, forse, avrebbe accolto con stupore e incredulità, come me. Eppure mio padre, per unanime parere di chi lo ha conosciuto, era tutt'altro che stupido e ha vissuto con me i suoi ultimi e i miei primi 24 anni fino all'anno in cui morì anche Giovanni XXIII: qualcosa di strabiliante, in quel periodo, l'ha visto anche lui. Andando avanti negli anni, ho dovuto fermarmi più volte a bocca aperta, non tanto di fronte ai miracoli dell'economia o della tecnica, quanto di fronte ai crolli improvvisi di fondamenti del mio bagaglio culturale e morale. In verità mio padre, ex emigrante rientrato in patria per partecipare alla prima guerra mondiale - non ho mai approfondito in base a quale ragionamento o a quale impulso - dopo aver fondato con mia madre una numerosa famiglia italiana, in un'epoca in cui il padre era ancora il 'pater familias'; dopo avere vissuto, pur senza convinzione, sotto la dittatura fascista; dopo avere assistito, senza poterne approfittare, al cosidetto miracolo economico degli anni '50; insomma dopo una vita eroica di stenti, me lo aveva detto: "Figlio mio, a questo mondo c'è chi tira la carretta e chi sta sopra a farsi trasportare". Questa sua sentenza, che, secondo la mia interpretazione giovanile, indicava la perpetuazione di una società schiavista in pieno XX secolo, me la ricordo bene perché la sentii come un colpo di frusta, stridente con tutti gli altri suoi interventi educativi e con il suo esempio di profondo rigore morale e di grande generosità. Inoltre i miei studi storici, con fresche fresche le mirabilia del secolo dei lumi, mi avevano convinto che gli ideali della rivoluzione francese fossero sacrosanti e destinati a trionfare, perché, in fondo, la natura dell'uomo (il buon selvaggio) è orientata al bene, al bello e al vero. Oggi, dopo aver vissuto per altri quarant'anni e aver meditato sulle gesta sanguinarie di tutti i dittatori - quelli ben riconoscibili e quelli camuffati da benefattori del popolo o, a volte, da eletti dalla volontà popolare - non sono ancora del tutto disilluso (anche se so che mio padre aveva visto giusto, nella sua drastica semplificazione), perché vedo che la natura dell'uomo è, sì, più rapace e opportunista di quanto credessi, ma non è certo quella testarda, crudele, irragionevole dei dittatori, ai quali deve essere per forza riconosciuta una semiinfermità mentale da estendere a tutti quelli che li hanno sostenuti. Non si può, invece, non riconoscere che l'avvicinamento delle migliori coscienze attraverso i mass-media e tutti gli strumenti tecnologici che consentono un veloce scambio di informazioni, in mezzo a tanti aspetti negativi, favorisca la nascita di una nuova civiltà mondiale fondata sulla ricerca della verità, sul ripudio della guerra e sul rispetto delle diversità culturali. E' una civiltà ancora zoppicante, contrastata da ogni specie di terrorismo, di razzismo, di fondamentalismo, di volontà di guerra e di predominio. Ma molti indizi, tra i quali le ultime affollate e insistenti manifestazioni per la pace,  mi fanno sperare che questo tipo di civiltà sia destinata a vincere. E d'altronde, o si sta in pace e si collabora per risolvere i veri problemi dell'umanità (quelli ormai a tutti noti: la fame, la sete, le malattie, la sovrappopolazione, il pericolo di estinzione per mancanza di aria o per calore eccessivo, la violenza attuata da numerose e pericolose organizzazioni terroristiche e mafiose, la corsa irragionevole verso un profitto incurante di ogni esigenza ambientale) o si salta in aria con tutto il pianeta.
Fu questo lo stesso pensiero che mi assalì nel 1992, dopo la prima guerra del Golfo, quando dovetti vedere con raccapriccio i pozzi di petrolio bruciare per mesi, o dopo la guerra del Kosovo, quando si parlò delle difficoltà di ripescare le bombe inesplose dal fondo dell'Adriatico. Non è ammissibile spendere tante energie in imprese distruttive senza nemmeno prevedere conseguenze così sconvolgenti e incontrollabili e, anzi, fingendo di ignorare quello che ormai tutti sanno: che non esistono guerre capaci di evitare la morte degli innocenti. Oppure le stragi si tollerano come prezzo di un bene superiore dato per certo come conseguenza necessaria di una guerra 'giusta': la rinascita di una vita democratica nel modello di benessere occidentale. Non mi sarei mai sognato di sentire, quest'anno, riecheggiare candidamente il vecchio slogan della pax romana: si vis pacem para bellum.
Eppure, col pericolo imminente di un annientamento totale, del suicidio della specie umana dovuto alla sua pessima gestione del pianeta, c'è ancora chi si diletta di argomenti futili per rivendicare il diritto a una vendetta, il diritto di godere di privilegi acquisiti al costo della vita di altri, il diritto di godersi le ricchezze del proprio orticello fregandosene dei vicini poveri che muoiono di fame.

Dicono: state tranquilli: togliamo ogni possibilità di vita comoda e di pensione alle generazioni future ma non si toccano i diritti acquisiti. Questa dei diritti acquisiti è una beffa tragicomica. Come si può acquisire il diritto ad una vita almeno tranquilla? Un diritto così uno ce l'ha da quando è nato. Nessuno me lo dovrebbe dare o togliere. Ovviamente tutti poi vediamo quanto questo mondo, fondato sul libero mercato, sia poco rispettoso del mio diritto alla vita e quanto, perciò, io debba arrampicarmi e sudare (e tirare la carretta) per guadagnarmi da vivere, ammesso che ci riesca. Ma almeno abbiate un po' di decenza. Astenetevi da questi ridicoli tentativi di indorarci la pillola. Sapete benissimo che già noi non ci possiamo godere la nostra pensione perché dobbiamo mantenere i nostri discendenti che, quando hanno uno stipendio di 800-1000 euro al mese sono fortunati, ma non possono certo viverci, sapendo che solo l'affitto non è mai inferiore a 500 euro al mese; figuriamoci quelli, in tutto il mondo, che 'vivono' con meno di un dollaro al giorno. Il posto fisso non c'è più e questo vi sembra una grande conquista! E' questo che volevate quando avete abbattuto il muro di Berlino e sbaragliato l'ideologia comunista? I nostri figli dovranno passare la vita a cercare ogni giorno il modo di avanzare faticosamente per superare la folla dei concorrenti, e questo vi sembra un modello di vita entusiasmante per le future generazioni! Non mi sembra che possa essere felice o dignitosa una vita rissosa. Nei miei prossimi cento anni voglio la mia parte di terra, di mare, di aria e di tepore primaverile, senza sbalzi inusitati di temperatura, senza incendi, senza risse tra banche e multinazionali, senza terroristi, senza guerre e guerrieri.
 
 

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