Il pensiero del granchio 
(Novembre 2002)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino.

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Non so se capita a tutti, ma ci sono periodi della vita in cui tutto va storto. Se non ricordo male, Stefano Benni disse che l'umanità passa metà della vita a deridere ciò che gli altri fanno e l'altra metà a fare ciò che gli altri deridono(1). E questo non è esatto. Un'approssimazione come questa si può perdonare a uno scrittore della statura del Benni, ma la sua teoria ci attribuisce una vita attiva di cui non ho esperienza. A me pare che di cose concrete un normale cittadino occidentale della nostra epoca ne realizza ben poche nella vita. Escludendo eccezionali personaggi particolarmente attivi da una parte e, per esempio, i parlamentari da noi eletti, particolarmente allegri, ignavi e accidiosi, dall'altra, l'attuazione completa di progetti concreti occupa una parte minima della nostra vita. Uno dei pochi 'concreti', non proprio di fatto, era un tal Massimiliano Cannaviele Concreto, simpatico 'mezzobusto' che, dopo aver letto ogni notizia su Teleambiente, concludeva: "Massimiliano Cannaviele Concreto per Teleagenzia uno". Negli ultimi giorni passati l'ho sentito 'firmarsi' semplicemente: "Massimiliano Cannaviele", sempre per quella Teleagenzia. E su Teleambiente, che su un altro canale televisivo prende il nome di 'Teledonna', c'è un altro faccione simpatico, dal sorrisetto ironico e dall'accento vagamente piemontese. Era un pezzo che lo seguivo, anzi lo inseguivo col telecomando, perché lui si manifesta come un'effimera apparizione, come una gioconda luna piena tra nuvole televisive grige e, spesso, minacciose. Recentemente ho saputo che si chiama Mario Albanesi e che la sua trasmissione è intitolata 'due minuti', ma questo io l'avevo già indovinato. Quei due minuti sono succosi come acini d'uva matura. Ma non so se questo paragone possa significare ancora qualcosa oggigiorno che nei mercati e supermercati si trovano solo grappoli d'uva dagli acini enormi uguali a quelli di plastica, che è inutile spremere, perché con un chilo non riempi un bicchiere. Tuttavia quest'anno nel mio campo ho raccolto uva e fichi che non sembrano di plastica. Dai circa otto chili d'uva ho estratto cinque litri di un liquido che, forse, col tempo, diventerà un ottimo aceto. Nei fichi ho potuto leggere le alterne vicende climatiche dell'estate passata. Erano quasi secchi all'esterno e succosi, ma insipidi, all'interno: dunque la siccità di giugno ne aveva seccata la buccia, e poi si sono imbevuti di pioggia. Come si vede, io sono uno degli ultimi uomini attivi di questo secolo. Nel campo, la maggior parte del tempo l'ho passata, insieme ad alcuni membri della famiglia attivi quasi qualto me, a strappare rovi che, tra un paio di mesi, saranno ricresciuti più rigogliosi di prima. D'altra parte il decespugliatore, che avevo lasciato in una baracca umida per più di un anno, non ha voluto più mettersi in moto, e il manuale d'uso, che mi avrebbe permesso, forse, di capirci qualcosa, era stato rosicchiato dai topi fino all'ultima riga. Altro lavoro inutile, a cui mi sono scioccamente dedicato, è stato il tentativo di aiutare due vicini rimasti vittime del famigerato Windows XP che, come è noto, è un sistema operativo di grande stabilità ma che, per cause tuttora misteriose per il pubblico da macello, può rifiutarsi improvvisamente di lavorare lasciando l'infelice utente senza nessuna possibilità di reagire. Uno dei due è riuscito, dopo alcuni giorni di studio, a reinstallarlo; l'altro dovrà portare il suo PC da chi glie l'ha venduto per poterlo risuscitare. E' ripensando a questi eventi disastrosi che m'induco a ritenere di essere passato attraverso una fase molto negativa della vita, culminata col terremoto in Molise e col nubifragio di Roma, durante il quale, con due o tre condòmini, sono uscito con la scopa, per cercare di liberare l'androne dall'acqua che, venendo giù a cascata da una crepa della parete esterna del palazzo, allagava il piancito con pendenza rigorosamente digradante dall'esterno all'interno. Intanto, all'ultimo piano, l'acqua dal tetto scendeva direttamente sulla testa di un altro condòmino.
 
 

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© 2002 Emanuele & Michele