Il pensiero del granchio
(Settembre 2001) Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino. |
Negli ultimi mesi mi pare di avere abbandonato un po'
lo spirito che sta alla base del Giardino del Granchio, tanto da temere che
l'unico lettore non si ricordi più il significato di queste paginette
e di questi pensierini: io stesso ne ho perduto il senso. Sono uscito dal
buco e mi sono spinto un po' troppo fuori, oltre il giardino, abbandonando
la tranquillità meditativa usuale di un vecchio placido, indisturbato
granchio borghese. E dire che solitamente d'estate non succede mai niente.
La gente si affolla sulle spiagge e si riposa. E' successo qualcosa questa
estate? Beh, sì, lo sanno tutti: cose grave e orribili, e non solo
quelle che si verificano immancabilmente ogni estate, specialmente nelle
ultime estati. Ma non pensiamoci più. Torniamocene nella foresta di
posidonie, di coralli e di anemoni; entriamo nella nostra tana luminosa.
Fermiamoci a ruminare le nostre avventure. Certo. le avventure sono di specie
svariate. Molte finiscono male, come quelle di chi parte in macchina per
le vacanze, gli capita uno dei tanti incidenti dovuti all'alta velocità
e all'imprudenza, e si ritrova in ospedale o all'obitorio. Ma a noi, in questo
buco adorno di pietruzze multicolori, bave opalescenti, conchiglie, ossi
di seppia, avanzi di pasti putrefatti, che può capitare? Qui, come
in un monitor, portati dalla corrente calda e lenta, passano i fatti ritriti
e le cronache sminuzzate. Se arriva qualche minuzia appetitosa, la ghermiamo
e la ingurgitiamo con soddisfazione. Il resto si deposita poco più
in là, dove la corrente finisce o rallenta. Ma i nostri lontani visitatori
che sanno di questo mondo variegato, liquido e tremolante? Sentendo parlare
di giardino, pensano alla comune idea di parco pubblico terrestre, con alberi,
placidi viali e panchine, se non, talora, addirittura a un eden dove certi
frutti, si sa, costano l'ira di Dio. No. Il mio giardino non è che
il mio buco e non è popolato di alberi. Considerate una frutteria
con frutti lucidati, allineati nelle cassette, pronti ad essere venduti ad
alti prezzi. Bene, una frutteria è come un comune giardino, frequentato
da pensionati e bambini. Il mio, invece, è come il grande piazzale
che sta dietro al mercato, dove i mercanti lasciano in terra le merci non
vendute. Voi forse non conoscete il fascino di quel luogo. E' frequentato
dai più poveri che ci vanno a cercare le frutta e le verdure ancora
utilizzabili e, quando le trovano, le intascano con grandi sorrisi. E d'altronde
chi può dire se, in mezzo ai poveri veri, non si nascondano nababbi
travestiti decisi a non perdersi il piacere della raccolta gratuita? Altrove,
c'è chi ha tentato di spacciarsi per un operaio pur di raccogliere
qualche frutto in più, come ci fu chi convinse tutti che gli operai
fossero benestanti, ricchi e felici, quando ancora non si sapeva dei prossimi
licenziamenti in massa e del tramonto della civiltà industriale. Ed
oggi si piange perché, poverini, non si può ancora licenziare
nessuno senza una giusta causa.
mic.dang@tiscalinet.it mic.dang@libero.it
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