Regole del Chitarrella per lo
Scopone (Aprile 2001) |
Le regole di Chitarrella (De regulis scoponis)
Lat. 1. Scopo sic dicitur quia magna scopa; scopa enim vel scopuncola tribus
chartis, scopo novem jocatur. Et scopa nomen accipit a puncto quod fit omnes
chartas de tabula tollendo, quasi tabulam verrendo.
It. 1. Lo scopone è così chiamato perché è una
grande scopa: la scopa, o scopetta, si gioca con tre carte, lo scopone con
nove. E la scopa prende il suo nome dal punto che si fa prendendo tutte le
carte dalla tavola, come se la si scopasse.
Lat. 2. Jocatores scoponis citra Padum generaliter italicis chartis utuntur,
quarum ordines - ut in libro De Mediatore atque Tresseptem dictum est - quattuor
sunt: mucro, cuppa, nummus baculusque. Et singulo ordine decem pertinent
chartae: apsum, duo, tres, quattuor, quinque, sex, septem et tre figurae,
mulier (octo), caballus (novem), rex (decem). Ultyra Padum chartis quas nos
neapolitani gallicas dicimus utuntur, quarum ordines quadra, corda, flores
contique sunt. In figuris stat pedes pro muliere et regina pro caballo. Sed
scopo classicus chartis italicis jocatur.
It. 2. I giocatori di scopone di al qua del Po usano generalmente le carte
italiane, i cui semi - come s'è detto nel libro del Mediatore e del
Tressette - sono quattro: spade, coppe, denari, bastoni. E ogni seme ha dieci
carte: l'asso, il due, il tre, il quattro, il cinque, il sei, il sette e
tre figure, la donna che vale otto, il cavallo nove e il re dieci. Di là
dal Po si usano le carte che noi napoletani chiamiamo francesi, i cui semi
sono quadri, cuori, fiori e picche. Nelle figure c'è il fante al posto
della donna e la regina al posto del cavallo. Ma lo scopone classico si gioca
con le carte italiane.
NOTA: Le attuali carte napoletane hanno il fante al posto della donna.
Lat. 3. Meritus major est in septem, maximus in septem de nummo quod etiam
aurum dicitur, sed nomen classicum est septem pulchrum. Sequuntur, ordine
descendente, sex, apsum, quinque, quattuor, tres, duo, rex, caballus, mulier,
quantum ad primeram, sed charta capit suam aequalem cuiusvis ordinis aut
summam aequalem chartarum inferiorum maxima decem, minima apsum.
It. 3. La carta di maggior valore è il sette, di massimo valore fra
i sette quello di danari che si chiama anche sette d'oro; ma il nome classico
è sette bello. Seguono, in ordine discendente, il sei, l'asso, il
cinque, il quattro, il tre, il due, il re, il cavallo, la donna, per ciò
che riguarda la primiera; ma la carta prende quella che le è uguale,
di qualsiasi seme, o una somma eguale formata con le carte inferiori. Quindi
la carta massima è il dieci, la minima l'asso.
Lat. 4. Hic jocus de quattuor jocatoribus componitur, duo contra duo in
societate; et frequens usus est socium post unam vel duas jocatas mutare,
ita ut qui de prima manu est privilegium non amittat; quod gyrum facere dicitur.
It. 4. Questo gioco si fa con quattro giocatori, due contro due ed è
uso frequente cambiare il compagno dopo una o due giocate, in modo che chi
è di mano non perda il vantaggio. Giocare cambiando si dice fare il
giro.
NOTA: La ragione del cambio di compagno non è chiara. Oscar Mammì
traduce: "... in modo che il privilegio di essere cartaro sia dato a tutti
uno stesso numero di volte". Il testo latino parla di "prima manu". E' più
vantaggioso essere cartaro o primo di mano?...
Lat. 5. Qui chartas distribuit chartarius vel fascicularius appellatur. In
principio joci primus chartarius ad sortem eligitur, quia quoddam commodum
est, inter alias, postremus in fine ad jocandum esse. Electio fit distributione
chartarum detectarum et variae sunt et liberae conventiones, secundum usum
aut voluntatem. Generaliter qui primum apsum accipit ille primus chartarius
est.
It. 5. Chi distribuisce le carte è chiamato cartaro o mazziere. All'inizio
del gioco il primo cartaro si sceglie a sorte, perché ha, tra gli
altri vantaggi, quello di essere l'ultimo a giocare alla fine della partita.
La scelta si fa distribuendo delle carte scoperte e le convenzioni sono varie,
a seconda della consuetudine o della volontà dei giocatori: generalmente
chi riceve il primo asso è il primo cartaro.
Lat. 6. Chartarus electus miscet, jocator sinistrorsus subfert, dextrorsus
de pima manu est. Etiam adversarii miscere possunt, sed jus est chartarii
ultimam facere mixtionem.
It. 6. Il cartaro scelto mescola, il giocatore a sinistra alza, quello di
destra è il primo di mano. Anche gli avversari possono mescolare,
ma il cartaro ha il diritto di farlo per ultimo.
Lat. 7. Frequentior hodie usus est distributionem chartarum a superiore parte
fasciculi facere, sed in scopone classico, maxime cautelae causa, distributio
fit a parte inferiore.
It. 7. L'uso più frequente oggi è di distribuire le carte dalla
parte superiore del mazzo, ma nello scopone classico, per massima cautela,
la distribuzione si fa dalla parte inferiore.
Lat. 8. Distribuuntur triginta sex chartae, novem unicuique; quattuor in
tabula detectae ponuntur. Ternae chartae unicuique ter dantur (vel quaternae
e t quinae). Quattuor in taula ponuntur in duabus primis distributionibus.
Sed hic atque illic etiam ad arbitrium chartari.
It. 8. Si distribuiscono 36 carte, nove per ciascuno e quattro se ne mettono
scoperte in tavola. A ciascuno si danno tre carte per tre volte (o prima
quattro e poi cinque). Se ne pongono quattro sul tavolo, due alla volta nelle
prime distribuzioni. Ma la scelta del modo è ad arbitrio del cartaro.
Lat. 9. Si in tabula chartarius tres reges detegit, remiscet fasciculum et
novam distributionem facit quia tres reges impediunt scopas per totam jocatam.
It. 9. Se il cartaro scopre in tavola tre re, rimescola e fa una nuova
distribuzione, perché tre re impediscono le scope per tutto il corso
della partita.
Lat. 10. Cum in distribuendo chartas error fiat, ex consuetudine in facultate
jocatoris de manu est jubere chartas remiscere aut errorem corrigere. Si
error ab aliqua charta in terram lapsa aut detecta oritur, remisceantur chartae
et denuo ab ipso chartario dentur, quia nec suum nec adversarii de manu
privilegium amittendum est. Sed in rigido joco, praesertim in certamine,
melius est quemvis errorem remiscendo sanare.
It. 10. Se nel distribuire le carte avviene un errore è in facoltà
del primo di mano volere che si rimescolino le carte o si corregga l'errore.
Ma se l'errore consiste in qualche carta caduta a terra o scoperta, bisogna
rimescolarle; e le dà di nuovo lo stesso cartaro, perché né
lui né chi è di mano devono perdere il proprio vantaggio. Ma
in un gioco rigoroso, specialmente in una gara, è meglio riparare
ad ogni errore rimescolando.
Lat. 11. Jocator de manu capit de tabula, ut diximus, chartam aequalem suae
aut duas vel plures, si inferiores sunt et collectae numerum formant illi
suae chartae aequalem; sed si una est in tabula aequalis, plures capere non
licet. Si ex inferioribus in tabula summa varie fieri potest, libitum est
utiliores chartas eligere. Si, charta detecta, capere possibile est, non
licet se a capiendo abstinere. Nolens capere chartam detegit quae neque aequalem
neque summam idoneam inferiorem in tabula invenit.
It. 11. Chi è di mano piglia, come si è detto, dalla tavola
la carta uguale a quella che gioca, oppure due o più carte che, sommate
insieme, danno il numero della carta giocata; ma, se in tavola c'è
l'uguale, non si può fare la somma delle altre. Se le carte in tavola
permettono di fare la somma in vari modi, il giocatore può scegliere
quella che gli sembra più utile. Se, scoperta la carta, c'è
da prendere, non si può rinunziare alla presa. Non volendo prendere
si scopre una carta con cui prendere non è possibile.
Lat 12. Ultimus jocator capiens totas chartas capit, etiam illas ulteriorum
jocatoprum qui capere non possunt.
It. 12. L'ultimo giocatore che prende, prende tutte le carte, anche quelle
degli altri giocatori che giocano dopo di lui enza prendere.
Lat. 13. Post chartam jocatam non fit miserichordia.
It. 13. Quando la carta è giocata non si può ritirarla: non
c'è pietà.
Lat. 14. Si jocator in tabula invenit tantum chartam suae aequalem aut chartas
quae omnes aequalem summam formant, scopam facit, quae punctum valet. Tum
chartam capientem jocator ponit sub fasciculo chartarum ab ipso et socio
captatum, detectam et visibilem.
It. 14. Se il giocatore trova in tavola soltanto una carta uguale a quella
che ha o soltanto più carte che sommate danno il valore della sua,
fa una scopa, che vale un punto. Allora la carta che ha preso la mette sotto
il mazzo delle carte prese da lui e dal compagno, scoperta e visibile.
Lat. In fine jocatae de ultima captione scopam facere non licet.
It. 15. In fine di gioco con l'ultima presa non si può fare scopa.
Lat. 16. Puncta dicta de fasciculo quattuor sunt: chartae, si quis magis
quam viginti, idest magis quam dimidium fasciculi, cepit; nummi, si magis
quam quinque chartas aureas; septem pulchrum; primera.
It. 16. I punti detti di mazzo sono quattro: le carte, se uno ne ha prese
più di venti, cioè più della metà del mazzo;
i denari, se ha preso più di cinque denari; Settebello; primiera.
Lat. 17. Ad primeram costituendam maximae chartae, ut diximus, septem sunt;
sequuntur sex, apsa, quinque, usque ad figuras quae minimum aestimantur.
It. 17. Per mettere insieme la primiera, le carte di maggior valore, come
abbiamo detto, sono i sette; seguono i sei, gli assi, i cinque, sino alle
figure, che valgono meno di tutte.
Lat. 18. Singulae chartae in primera peculiaris numerus tribuitur. Septem
dicitur unus et viginti, sex duodeviginti, apsum sedecim, quinque quindecim,
quattuor quattordecim, tres tredecim, duo duodecim. Quaevis figura, mulier
caballus vel rex, sempre decem valet.
It. 18. A ciascuna carta nella primiera si attribuisc un valore particolare.
Il sette vale ventuno, il sei diciotto, l'asso sedici, il cinque quindici,
il quattro quattordici, il tre tredici, il due dodici. Tutte le figure, donna
cavallo e re, valgono dieci.
Lat. 19. Constituta primera quattuor maximis chartis inter captas, una
uniuscuisque ordinis, duae primerae adversae comparantur et punctum tollit
quae maioribus constat et maiorem summam totalem praebet.
It. 19. Messa insieme la primiera con le quattro carte migliori, una per
ogni seme, le due primiere avversarie si confrontano e vince quella che con
le carte migliori forma un totale maggiore.
Lat. 20. Ubi valor par, in primera ut in chartis et in nummis, punctum non
fit.
It. 20. Se il valore è pari, nella primiera come nelle carte o nei
denari, il punto non viene assegnato.
Lat. 21. In comparatione primerarum tres septem et duo contra unum septem
et tres sex punctum par faciunt.
It. 21. Nel confronto delle primiere tre sette e un due fanno pari contro
un sette e tre sei.
NOTA: 3 x 21 = 63 + 12 = 75 ; 18 x 3 = 54 + 21 = 75.
Lat. 23. Si quidam ordinum chartarum deficit in constituta primera, vincit
altera, etsi chartas inferiores et minoris summae habens.
It. 22. Se in una primiera manca del tutto un colore, vince l'avversaria,
anche si risulta di una somma minore.
Lat. 23. Ad puncta de fasciculo scopae addendae sunt.
It. 23. Ai quattro punti di mazzo bisogna aggiungere le scope.
Lat. 24. Victoria est sociis qui primi undecim puncta faciunt; saepe autem
itur usque ad sedecim. Si ambae partes simul undecim vel sedecim faciunt,
lusio ad proximam differentiam producitur.
It. 24. Vincono i compagni che arrivano primi a 11 punti. Spesso però
si va anche a sedici. Se tutte e due le parti fanno undici o sedici
contemporaneamente, si seguita fino a che si verifichi una differenza.
Lat. 25. Nonnulli, tresseptem imitantes, locupletant - ut aiunt - scoponem,
tres gradus statuendo: simplicem si, ad undecim eundo, adversarii quinque
superant; duplicem, si non superant; triplicem, si nullum faciunt punctum,
quod "ire cappottum" dicitur. Congruenter praemium simplex aut duplex aut
triplex solvitur.
It. 25. Alcuni, a imitazione del Tressette, arricchiscono, come dicono, lo
Scopone, facendolo di tre gradi: semplice, se, andando a undici, gli avversari
superano i cinque punti; doppio, se non li superano; triplice, se non fanno
alcun punto, che si dice "andare in cappotto". Conseguentemente, si paga
semplice o doppio o triplo.
Lat. 26. In scopone trium graduum, ut in tresseptem, apud multos in usu est
foras se declarare ante finem jocatae simul ac puncta certa facta sunt quae
undecim compleant, ad impediendos adversarios ne quinque superent aut, imminente
cappotto, unum punctum tandem faciant. Sed qui scoponem vere classicum vel
- ut etiam dicunt - scientificum diligunt simplicem jocant et sine declaratione
eundi foras.
It. 26. Nello Scopone di tre gradi, come nel Tressette, molti usano dichiararsi
fuori prima della fine della mano, appena si convincono di aver fatto i punti
necessari per arrivare a undici, e ciò per impedire che gli avversari
superino i cinque o, nell'imminenza del cappotto, riescano finalmente a fare
un punto. Ma quelli che amano lo Scopone classico, detto anche scientifico,
preferiscono giocarlo senza dichiarazione di andare fuori.
Lat. 27. Chartas captas suas aut adversariorum, rursum videre non liced nisi
primae captionis: tantum licet, apud multos, tectas numerare. Sed memento
quia scientificus scopo jocus admodum rigidus est, in quo a severis magistris
nulla fit gratia, nec chartas primae captionis rursum videndi nec tectas
numerandi.
It. 27. Non è permesso vedere di nuovo le carte prese, nè le
proprie nè quelle degli avversari, se non la prima presa. Alcuni ammettono
che si contino le proprie carte coperte. Ma bisogna ricordare che lo Scopone
scientifico è un gioco molto rigoroso, nel quale i severi maestri
non permettono nè di vedere le carte della prima presa nè di
contare le carte coperte.
Lat. 28 Fundamentum scoponis haec regula est. Chartarius et eius socius
provideant ut chartes eiusdem numeri pares maneant, adversarii dispares.
Chartas pares in cursu jocatae servare, idest duo duo, duo tres, duo caballos,
juvat ad bonas captiones inter jocum et ad optimas in fine; quamobrem si
impares fiunt adversariorum opera, paritatem recomponere necesse est. Eadem
ratione ab adversariis chartari curandum est ut impares eveniant.
It. 28. Questa regola è fondamentale per lo Scopone: il cartaro e
il suo compagno cerchino di mantenere pari le carte dello stesso valore,
gli avversari di spaiarle. Mantener pari le carte nel corso del gioco (cioè
due due, due tre, due cavalli, ecc.) serve per prendere bene durante il gioco
stesso e ottimamente alla fine; perciò, se gli avversari le spaiano,
bisogna cercare di riappaiarle. Per la stessa ragione gli avversari del cartaro
devono insistere a spaiarle.
Lat. 29. Si jocator de prima manu bona captione potest et scit incipere in
primis quattuor chartis de tabula, facile oritur vortex, duo assidue capientes
et duo sine captione jocantes.
It. 29. Se il giocatore di prima mano può e sa cominciare con una
buona presa sulle prime quattro carte in tavola, facilmente ne nasce un
mulinello, per cui due prendono continuamente e gli altri due giocano senza
prendere.
Lat. 30. Cum jocus ad finem vertit, melius est septem impar mittere et chartam
parem servare.
It. 30. Quando il gioco è verso la fine, è meglio giocare un
sette spaiato e conservare una carta pari.
Lar. 31. Qui capere non potest chartam duplicem jocet, idest cui alteram
aequalem in manu habet. Ita socium provocat ad eandem chartam jocandam, si
habet et sine damno potest, et si illam adversarius capit, tertia in manum
suam magna probabilitate cadet.
It. 31. Chi non può prendere giochi una carta doppia, di cui cioè
ha un'altra uguale in mano. Così induce il compagno a giocare la stessa
carta, se l'ha e può farlo senza danno; se l'avversario la prende,
la terza con grande probabilità cadrà in suo potere.
Lat. 32. Sed, etsi capere potest, chartam socius non capiat, illam socio
reliquendo qui duplicem jocavit.
It. 32. Ma, anche potendo, il compagno non prenda la carta doppia del compagno,
ma gliela lasci.
Lat. 33. Haec regula de duplicibus chartis jocandis septem non excludit;
nam melius est unum de duobus vel tribus septem in aleam mittere quam in
fine sine ulla spe deponere. Sed chartarius qui duo septem habet ea solum
in fine jocet.
It. 33. Questa regola del giocare le carte doppie non esclude i sette,
perché è meglio arrischiare uno dei due o tre sette che si
hanno che doverli mettere in tavola alla fine senza alcuna speranza. Ma se
è il cartaro che ha due sette, li giochi solamente in ultimo.
Lat. 34. Tamen memento, jocator, quia septem pulchrum non solum punctum est
sed bona primerae pars, quare si tardandi securitatem non habes, accipe.
It. 34. Tuttavia ricorda, giocatore, che il sette bello non è solo
un punto ma è parte importante della primiera; per cui, se il ritardo
può compromettere la presa prendilo subito.
Lat. 35. Chartarius qui septem non habet studeat illa imparia facere.
It. 35. Il cartaro che non ha sette cerchi di spaiarli.
Lat. 36. Chartarius non capiat septem ab adversariis jocatum; socius eius
capiat. Adversarius chartarii capiat septem a chartario vel eius socio jocatum,
non septem quod socius suus jocavit.
It. 36. Il cartaro non prenda il sette giocato dagli avversari ma lo lasci
prendere al suo compagno. L'avversario del cartaro prenda il sette giocato
dal cartaro o dal suo compagno, non quello giocato dal proprio compagno.
Lat. 37. Septem pulchrum aut duo septem in manu habens, semper septem in
tabula positum accipiat.
It. 37. Chi ha in mano il sette bello o due sette, prenda sempre il sette
che è in tavola.
Lat. 38. Si utile tibi videtur cum periculo scopae capiendum, quia tantum
una charta de quattuor similibus superest, nescis in cuius manu quod dicitur
contra quartum jocare, ostende te aliquantulum cogitantem, ut socius tuus
intelligat et, primo periculo evitato, in secundum non incidat.
It. 38. Se ti sembra utile prendere anche col pericolo di scopa perché
rimane in gioco solo una quarta carta senza sapere chi la possegga (il che
si dice giocare contro la quarta) mostrati alquanto pensieroso affinché
il tuo compagno capisca ed, evitato un primo pericolo, non incappi nel secondo.
Lat. 39. Cum tribus chartis similibus, etiam si septem sunt, unam ad tempus
joca, noli omnes tres usque ad finem tenere.
It. 39. Con tre carte simili, anche se sono sette, giocane una per tempo
e non tenerle tutt'e tre fino alla fine.
Lat. 40. Scopa libera est. Jocator potest ab ea abstinere, aliam chartam
jocando, si minus utilem judicet.
It. 40. La scopa è libera. Il giocatore vi può rinunciare se
lo ritiene meno utile, giocando un'altra carta.
Lat. 41. Chartarius attentus, si memor est chartarum quae impares factae
sunt, potest in fine jocatae, cum ipse duas chartas et alii tantum unam habent,
cognoscere a chartis in tabula illas quae in manu trium jocatorum supersunt:
quod dicitur quadraginta octo facere. Unde hoc nomen ignoratur.
It. 41. Il cartaro attento, se si ricorda delle carte che sono rimaste spaiate,
può alla fine della mano, quando egli è rimasto con due carte
e gli altri con una, conoscere dalle carte in tavola quelle che hanno gli
altri tre giocatori; e questo si dice fare il quarantotto. Ma si ignora l'origine
di questa parola.
Lat. 42. Qui memoriam non habet et continuae attentioni minime idoneus est
scoponem relinquat et eat jocatum ad nuces.
It. 42. Chi non ha memoria e non è capace di continua attenzione lasci
lo Scopone e vada a giocare a noci.
Lat. 43. Paritatem servare aut dissolvere, vorticem in potestate adversariorum
vitare, opportunitatem captionis intelligere et remedium necessitatis invenire:
hoc est studium magnum et subtile, quod scientiae dignitatem scoponi confert.
It. 43. Mantenere le pariglie o sparigliare, evitare che gli avversari facciano
il mulinello, capire l'opportunità della presa e trovare un rimedio
in caso di bisogno, questo è lo studio grande e sottile che conferisce
allo Scopone dignità di scienza.
Lat. 44. Memento, bonus jocator, quia non solum tuis se etiam socii chartis
jocas. Cave ne a captione in praesens jucunda allectus poenas tuae imprudentiae
luas, nam philosophia scoponis est in longinquum spectare et ultra lucrum
proximum remotos exitus considerare. Ut in negotiis sic in scopone.
It. 44. Ricordati, o buon giocatore, che non giochi soltanto con le tue ma
anche con le carte del compagno. Bada di non farti allettare da una buona
presa immediata, a rischio di pagare poi per la tua imprudenza, perché
la filosofia dello Scopone consiste nel guardare lontano e considerare, di
là dal guadagno immediato, l'esito finale. Come negli affari, così
nello Scopone.