Il pensiero del granchio
(Marzo 2001)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino.
rondini

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In questi giorni di propaganda qualcuno mi fa gentilmente sapere, via newsletter non richiesta, che l'INPS è in bancarotta. Grazie dell'informazione. Chiederò a quest'ente, dal quale dipende il resto della mia vita e parte di quella dei miei familiari, di dirmi se devo prepararmi a emigrare, a suicidarmi o  a cercare un'alternativa per la mia sopravvivenza. L'autore del messaggio fa un discorso che ormai conosciamo a memoria da almeno un decennio: l'INPS non ha investito i vecchi contributi ed ora si trova a dovere pagare le pensioni con i contributi dei nuovi lavoratori. Ok. Il problema esiste, tanto più che i nuovi lavoratori, in regola con i contributi, sono sempre più rari. Si cerchi una soluzione che non sia quella di affamare i pensionati presenti, e neppure quelli futuri. Ma non si deve far credere che sia corretto che ogni lavoratore provveda unicamente ad accantonare risorse per la propria vecchiaia. La società, con le sue istituzioni ufficiali - chiamatele come volete: pubbliche o private - deve provvedere al mantenimento delle categorie più deboli. Altrimenti cade qualunque giustificazione della vita civile che non può significare soltanto dare a molti la corrente elettrica, i telefonini, il computer, la televisione, l'automobile, le sale da ballo e l'aereo. Vita civile significa che anche chi non è capace di provvedere alle proprie necessità economiche, per qualsiasi ragione, possa accedere ad un minimo di vita dignitosa. Di questo minimo si può anche discutere, ma sicuramente 500.000 lire al mese non servono a far sopravvivere un vecchietto. In TV abbiamo visto ancora scene commoventi di giovani volontari che accarezzano e aiutano poveri vecchi e disabili. E abbiamo sentito discorsi di elogio per questi giovani eroi. E' un bene che esista il volontariato. Ma la sua diffusione denuncia il fallimento di una funzione essenziale dello stato e il trionfo di tutti quelli che lo hanno voluto distruggere e continuano a soffocarne le ultime manifestazioni. Sappiamo benissimo che all'espressione 'stato assistenziale' è stato attribuito un significato deteriore di abuso, di elargizione di benefici a persone che non avevano titoli per riceverli. Ma poi è stato facile confondere l'errore burocratico o la truffa con l'assistenza in sé che è un compito inalienabile dello stato, per cui i treni, l'elettricità e l'acqua potabile dovrebbero raggiungere anche i paesi poveri, anche i poveri dovrebbero avere la possibilità di farsi curare i denti e farsi un check up annuale, e magari anche andare in vacanza. Nessuno può pensare in buona fede che il volontariato possa bastare a queste necessità che sono destinate, grazie al progresso tecnologico e all'allungamento della vita media, ad aumentare sempre di più. La sproporzione tra il numero degli occupati e quello di chi non è più abile al normale lavoro  comunemente ritenuto produttivo sarà sempre più profonda.

L'astuzia dei benpensanti cerca di far credere che ci sia la responsabilità di un'intera generazione ai danni dei poveri giovani che si trovano a dovere pagare di tasca loro per mantenere i vecchi. Non è così. La responsabilità è sempre solo di chi è in grado di decidere che i vecchi, i troppo malati, i barboni, i disoccupati siano considerati un peso indesiderato da mantenere ai margini della vita civile senza spendere troppo.   

Intanto in Oriente, dopo un periodo di grande espansione commerciale, assistiamo agli scontri tra giovani disoccupati e poliziotti. Le case costruttrici di automobili vendute anche nei nostri paesi licenziano in massa i loro lavoratori. Sono fatti che abbiamo già visto in Europa, scene di violenza a cui siamo abituati. Là i lavoratori in lotta sono armati di bastoni lunghi come quelli dei poliziotti che però hanno scudi trasparenti fortissimi e sono molto più addestrati. Nessuno si meravigli: mi ricordano l'artiglio del leone che cerca di allontanare i concorrenti per divorarsi in pace la sua preda. E' a questo che servono i bellissimi documentari del National Geographic: a farci considerare un modello accettabile la vita orrenda delle belve della savana? Speriamo di no.

Linea-penna
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© 2000 Emanuele & Michele