Il pensiero del granchio
(Agosto 2000)
Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino.
rondini artificiali

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Il mese scorso, in queste pagine, ho espresso una tesi un po’ azzardata e arrogante. Ho detto che gli storici sono incapaci di raccontare obiettivamente i fatti recenti, perché non riescono ad essere imparziali, e quelli passati da molto tempo, perché non riescono a capire i segni e i messaggi lasciati da popolazioni lontanissime da una visione moderna della realtà. Si sa che io sono un criticone. Già mi sono inimicate diverse categorie, come gli avvocati, i notai, i meccanici, i dentisti, i commercialisti e, in genere, tutti quelli che esigono somme ingenti per servizi che chiunque saprebbe fare meglio di loro o che sarebbe meglio non fare. Non ci fate caso. E’ sempre la mia arroganza che impazza. E dire che non conosco una persona più umile e modesta di me! Ma ora perché dovrei mettermi contro questi meritevoli e miti ricercatori del passato che, sicuramente, compiono sforzi molto superiori a quanto riescano a guadagnarci? Oggi faccio ammenda e sostengo con i più che la storia è maestra di vita. Che c’entra, si dirà. Beh, si sa che la storia la scrivono loro, gli storici, e sono loro che vorrebbero diventare maestri di vita. Un fatto qualunque, scritto e ricordato, non ha in sé nessuna velleità di insegnare alcunché ad alcuno. Ne avete mai visto uno con la bacchetta in mano, accanto alla lavagna, pronto per impartirci una lezione? La storia è maestra di vita, sì, ma in senso negativo. Per vivere bene e a lungo, basta comportarsi in maniera assolutamente opposta a quello che hanno fatto, per esempio, la maggior parte degli imperatori romani e delle loro mogli e madri. Infatti questi personaggi avevano sì qualche anno da godersi tra orge e piaceri inauditi - quando non dovevano correre a capo delle legioni per turare le falle dell’impero - ma finivano quasi sempre, nel giro di pochi anni, ammazzati dai pretoriani o da sicari. Quelli giudicati morti di morte naturale si sospetta fortemente che fossero stati avvelenati da mogli, madri, sorelle, cubiculari o figli adottivi aspiranti urgentemente al trono.
Essere imperatore o re significa essere un divo, al centro dell’attenzione. Gli imperatori, come i re, sono personaggi che spiccano per la loro spropositata ambizione o per la loro sfacciata fortuna che li porta ad essere adottati o a nascere figli di re o di imperatori. Nei periodi in cui non sono previsti re e imperatori possono comparire personaggi che, per fama e potere, si possono paragonare a re e imperatori. Gli Scipioni, Mario, Silla, Pompeo, Crasso e Cesare, furono così conosciuti ed ebbero tanto potere, in età repubblicana, che avrebbero potuto essere dei grandi imperatori. E infatti di loro si conosce quasi tutto. Sui consoli, che duravano in carica un anno, e sui dittatori, che rimanevano a capo delle legioni finchè non cessava il pericolo, l’interesse degli scrittori e dei cronisti era limitato al periodo di maggior gloria. Di alcuni si conosce la morte perché avvenne durante la loro carica. Cosicché della maggior parte di questi pur importanti personaggi del periodo repubblicano spesso non abbiamo che i nomi scritti negli annali e nei fasti. Peccato, perché conoscere, almeno per sommi capi, la vita degli uomini illustri sarebbe interessante. Soprattutto sarebbe interessante conoscere la durata della vita e il tipo di morte di ogni personaggio storico di rilievo. Questi dati sono molto educativi. I re e gli imperatori avevano, per definizione, molti falsi amici e molti veri nemici. Molti nemici, molto onore, ma una vita travagliata e difficile da far durare. Questa non è certo una condizione invidiabile oggi che l’uomo, come d’altra parte ha sempre fatto, aspira all’eternità, confortato ormai da qualche vaga promessa della scienza ufficiale. L’ideale sarebbe una vita tranquilla, lunga, senza stress, con vitto sano e in quantità sufficiente a non ingrassare, sesso soddisfacente ma non affaticante, viaggi, sport, amicizie piacevoli, abolizione di ogni malattia. Direi, senza tema di smentita, che chi riuscisse a raggiungere questi traguardi potrebbe essere definito un moderno imperatore o un pascià. Questo è evidentemente l’ideale di vita borghese alquanto simile a quello dell’epicureismo, anche se il santo Epicuro seppe vivere eroicamente e saggiamente nel dolore del morbo che lo afflisse, e anche se qualche suo seguace, come il grande Lucrezio, non ebbe certo una vita felice.
Ma i moderni imperatori riescono a raggiungere questo ideale di felicità? Vale la pena oggi diventare imperatore? Chiedetelo a Clinton o a Bill Gates. Come? La risposta è: vale la pena ed è divertentissimo? Proprio oggi che a Camp David i trattati di pace sono falliti e che i nostri Outlook Express e Internet Explorer devono essere aggiornati d’urgenza sotto la minaccia del collasso del sistema? Già, questi dettagli non sono contemplati nei manuali di felicità dei moderni imperatori, né possono essere paragonati alle ribellioni dei barbari che premevano ai confini dell’impero e che venivano ritenute dagli imperatori romani pericoli più seri delle sedizioni, congiure di palazzo e tradimenti interni.
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