Il pensiero del granchio -
The crab's
thought (Gennaio 2000 - January 2000) Rubrica di ciò che il granchio pensa nel suo buco-giardino. - What the crab thinks in his hole-garden. |
In televisione vediamo spesso persone note e ignote discutere
della deindustrializzazione, avvenuta in Italia negli anni 80 e 90 con grandi
sconvolgimenti sociali. Se ne parla come di un'epopea, una stagione eroica,
quasi una febbre dell'oro, in cui masse numerose di operai vivevano e lottavano
nelle fabbriche per migliorare le loro condizioni economiche senza accorgersi
che in pochi anni avrebbero perduto anche il poco che avevano. Si trascura
quasi sempre di dire che il fenomeno è comune, in misura maggiore
o minore, a tutti i paesi industrializzati, che, per la sua stessa natura,
perdura anche negli anni successivi e che si aggraverà nel futuro
se non lo si blocca in tempo. Si lancia il consueto messaggio ai giovani:
"Quei numerosi operai si sono illusi di potere mantenere il loro posto fisso,
ma voi non potrete coltivare questa illusione, e il vostro lavoro dovrete
inventarvelo". Ormai è diventato un luogo comune. O sarete come piccoli
imprenditori, capaci di incrementare e aggiornare continuamente le vostre
conoscenze e di riciclarvi in continuazione, o soccomberete. Bene, onestamente
non mi sentirei di smentire questo messaggio, perché questa è
la realtà. Però chi lo lancia deve vergognarsi e riconoscere
il fallimento dell'impegno sociale contenuto nei primi articoli della
Costituzione italiana. E' esattamente come gridare: all'arrembaggio! Oppure:
la nave affonda, si salvi chi può! Nei dibattiti televisivi raramente viene a galla la vera causa di questo autentico disastro. Osservando con ottica parziale, si attribuisce tutto alla mancanza di capacità competitiva delle società italiane nei confronti di altre società nel mondo e alla conseguente necessità di smantellare le fabbriche. Ma si sa cosa ne pensa il Granchio in una più corretta ottica globale. La tecnologia galoppa a velocità crescente e, perseguendo nominalmente lo scopo di alleviare la fatica dell'uomo, distrugge la possibilità di impiegare grandi masse di lavoratori, per quanto preparati, pronti a riciclarsi e invasi dal sacro fuoco della competizione, e perciò distrugge enormi quantità di posti di lavoro che non potranno più tornare. A me non sembra giusto maledire il progresso, il frutto del genio umano, ciò che dovrebbe consentire a tutta l'umanità di accostarsi al benessere. In una società civile dovrebbe esistere un meccanismo efficiente capace di rilevare istante per istante le necessità di lavoro e di assegnare automaticamente i posti necessari a tutte le persone abili. Oppure, se non si è in grado di ottenere una simile capacità organizzativa, se le agenzie lavorative non funzionano, lo Stato dovrebbe distribuire sostanziose indennità ai disoccupati, che, sia chiaro una volta per tutte, non sono solo quelli che hanno perduto un lavoro, ma anche quelli che non l'hanno mai avuto. Si aspetta che si maturi un diritto? Ma il diritto alla sopravvivenza, in qualunque forma di civiltà dal volto umano (non esiste, vero?), si acquista con la nascita. Questo ovviamente sarebbe uno stato assistenziale. Guai! E' scandaloso! E così lo Stato si ritira perché deve lasciare piena libertà agli imprenditori. Ma chi è l'imprenditore? E' Babbo Natale? E' un santone? E' un benefattore? In qualche caso potrebbe esserlo. Ma il più delle volte è una normalissima persona mediamente egoista, disposta ad approfittare di qualunque situazione favorevole al proprio lucro. Affidare agli imprenditori il compito di risolvere il problema della disoccupazione non è proprio come affidare il gregge ad un lupo, ma sicuramente significa volere assegnare un'attività a qualcuno che è impegnato a perseguire altri fini e quindi non ha nessuna intenzione di occuparsene, neppure quando per magnanimità o per ipocrisia dichiari di volerlo. La visione idilliaca di un'alleanza tra padronato illuminato e classe operaia al fine di perseguire un bene comune combattendo le sacche parassitarie è una favola che ha accompagnato la perdita irrimediabile di quel bene comune: la fabbrica o la grande azienda di servizi non più necessari o non più fruttuosi. L'imprenditore molto probabilmente si è riciclato o comunque si è salvato, molti operai sono stati messi in cassa integrazione e hanno incrementato il diffondersi del lavoro nero, ma alcuni sono andati ad accrescere l'esercito dei senza-tetto. In qualche caso la fabbrica non si è perduta, ha continuato ad operare e ad inquinare, ma con una quantità di lavoratori enormemente ridotta. Questo è l'esito penoso delle speranze e delle promesse della civiltà industriale e post-industriale. E purtroppo c'è da aspettarsi che questo lungo tramonto continui se non nascerà una classe politica seria, capace di organizzare il lavoro su tutta la terra. Non è suo compito? E' utopia? Allora non c'è speranza. Eppure ce n'è di lavoro da fare. C'è da ricostruire tutto quello che si è distrutto, soprattutto nella natura: si deve ricucire il buco dell'ozono, ripiantare e coltivare la foresta amazzonica e tutti i boschi del mondo, ripulire l'aria, i fiumi, il mare, ricostruire l'habitat di tutte le specie in via d'estinzione, ricercare e disinnescare le mine disseminate in tante aree del mondo, soffocare sul nascere le nuove guerre, bloccare il consumo di sostanze inquinanti e imparare a sfruttare forme di energia pulita, riciclare i rifiuti, praticare l'agricoltura biologica, combattere le malattie che ancora ci affligono, fermare l'espansione demografica, impedire la morte per fame, per droga, per incidenti, coltivare l'arte, la musica, le scienze, esplorare l'universo. Ammesso che non ci sia altro da fare, queste attività, a mio parere, bastano per impiegare quei due o tre miliardi che costituiscono la popolazione abile al lavoro nel mondo per tutto il tempo futuro.
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We often saw some known and unknown people discussing
by television about the deindustrialization process happened in Italy in
80 and 90 years. This period is described as an epic heroic season, almost
as the the Gold Rush, when a lot of workers struggled to reach better economic
conditions and didn't realize they were going to lose also what they had
in few years. Generally they omit to say that this phoenomenum is common
for the most part of the industrialized countries, that, by its nature, it
will go on in the next years, and will get worse in the future if it will
not early stopped. They issue an usual message to the young people: those
workers were illuded to save their regular job situation, but you can't do
it and you must invent your job. It became a commonplace at last. You must
become all little entrepreneurs, able to increase and update your skill if
you don'y want to succumb. Well, I think that this message is based on the
real conditions. But we should be ashemed when we issue it because we couldn't
keep the promise contained in the first articles of the Italian Constitution.
It's exactly as if we cry: let's go to the boarding! Or save yourself if
you can, because our boat is going to sink! In the television forums the
true cause of this true disaster never came to the surface. They say these
italian factories lost their competition in front of other international
factories. But you know what the Crab thinks about that, from his global
point of view. The Crab thinks that the tecnological progress is growing
more and more and, even if its purpose is to reduce the human hard work,
it makes impossible to employ a lot of workers, destroys a lot of job situations
that will not return more. I think it's not corrct to curse the progress
that should give well-being to all people. So the government of a civilized
country should know which are the necessary jobs to be shared among all
people. Otherwise it must distribute to all old and young unemployed
people enough money to survive. I think the politician mission in the world
is to organize , directly or indirecly, the work. We have a lot of work to
perform: we have to sew again the ozone hole, to plant and grow again all
forests in the world, to clean the air, the rivers, the sea to rebuild the
environment for all the living beings, to find and defuse all hidden killing
bombs, to avoid new wars, to stop the pollution, to learn to use no polluting
energy forms, to perform biological agricolture, to fight the diseases, to
resolve the demografy problem, to avoid many people die from starvation,
from drug, from accidents, to further art, science, to explore the Universe.
Even if no further action there are to do, I think this is enough to engage
all human beings in the future.
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