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'TRACCIA DI UN LIBRO' di Michele
(Autunno 2007)

“Ne parliamo a cena” di Stefania Bertola

Questo è il secondo libro di Stefania Bertola che leggo. Lo stile è sempre quello, vivace, rapido, ricco di dialoghi in un linguaggio familiare di argomenti quotidiani: cibo, amore, sesso, liti, tradimenti, separazioni, giudizi sommari ora definitivi ora celermente variabili.
Protagoniste del romanzo sono una squadra di cugine che vivono nella stessa città e si frequentano volentieri. Si chiamano al telefono a qualunque ora, anche di notte, s’incontrano dovunque e si raccontano le loro storie di vita sentimentale, sessuale, di lavoro, di cucina e di altro.
La riunione generale di tutte le cugine si fa ogni tanto a cena, a casa dell’una o dell’altra. Ognuna porta qualcosa da mangiare. Poi chiacchierano mentre scaldano le vivande portate, mentre mangiano, mentre brindano. La regola è comunicare tutto, non nascondere nulla.
Ecco, il centro d’attrazione della combriccola è, di volta in volta, la casa in cui si è deciso di cenare. Altro centro di incontri e di chiacchiere, mitigate dal rispetto per la clientela, è il negozio ‘Carta e cuci’, una cartoleria-merceria-articoli da regalo gestita da una coppia di cugine - Sofia e Costanza – e da un’amica comune: Carolina. Costanza è la protagonista principale in cui l’Autrice si impersona, parlando in prima persona e al tempo presente. Questo vuol dire che il romanzo ha la forma di un diario. ‘Carta e Cuci’, a detta della stessa Costanza, è “il paradiso della donna che non ha tempo ma il poco che ha adora perderlo”.
Costanza è ‘fidanzata’ da sedici anni con Alex, uomo bellissimo, sposato con diversi figli e assiduo frequentatore di molte amanti.
Ora possiamo passare alle citazioni che, come è noto, sono il mio forte.


<<… Ma entra una ex amante di Alex, e Carolina è salva. Nel senso che deve servirla lei per forza. Io non servo mai le ex amanti di Alex. Lo farei senza charme. Le taglierei con le forbici, le macchierei con gli inchiostri, le assorbirei con le carte assorbenti… Così evito. E sono tante, eh? In questi sedici anni, non è che siamo stati lì con le mani in mano.. Ci siamo guardati parecchio in giro…>>. (pag. 22)

<<… Passeggiamo lungo il fiume. Niente bar, ha detto Alex.. Guai se ci vedono insieme.. Oh no… allora non vuole chiedermi in moglie…
“E’ successa una cosa parecchio spiacevole. Gloria ha trovato i boxer”.
“Quelli ricamati?”
“Sì. Li avevo nascosti nella sacca da golf, sotto le mazze, in una specie di taschina… lei dice che voleva pulire la sacca… di solito non la tocca mai… lo sa che non sopporto che si pasticci con la mia roba del golf…”
Che farsa. In questi sedici anni, Gloria ha trovato un mio rossetto nel suo bagno, tre lettere d’amore, sempre mie, in un dizionario di cinese, un paio di slip (di un’altra) nel cesto della sua biancheria, un assortimento di foto, mie e altrui, nascoste nei posti più disparati, e poi bigliettini, regaletti, medagliette, fiori secchi, cuoricini, messaggi sotto il tergicristallo, messaggi in segreteria, tracce di rossetto, lunghi capelli di ogni possibile colore, un reggiseno, una scarpa rossa con tacchi a stiletto, baci impressi col rossetto, e ognuna di queste decine di volte Alex, ha spiegato, giurato, promesso e pianto, e Gloria ha urlato, pianto, sofferto e perdonato. Che ci sarà mai, di tanto sconvolgente, nei boxer ricamati?...>> (pagg. 27-28)

<<… Se c’è una bella sensazione nella vita è nuotare nella piscina neoclassica del club La Pantera, dove le ricche signore della mia città vanno alla ricerca della forma fisica. Per la gioia di quelle meno ricche, ogni tanto scattano le offerte speciali, iscrizioni a costi e orari ridotti, e lì mi ero velocemente intrufolata io. Limitando però l’intrufolamento alla piscina: nelle palestre non ci metto mai piede. Ogni tanto, mi fermo incantata davanti alla bacheca a leggere l’orario delle varie lezioni, chiedendomi quale possa mai essere la differenza tra aerobic dance e step. Aquagym, invece, lo so benissimo cos’è: sono una quindicina di femmine di tutte le misure e tutte le età, che si piazzano nella piscina a chiacchierare agitando un po’ le gambe sott’acqua. Se si trovassero nel Gran Bar spenderebbero parecchio di meno e non mi costringerebbero a nuotare a zig zag come un sommergibile americano nel ’44…>>. (pag. 71)

<<… Non so se venire all’Ikea con Veronica è stata una buona idea. Intanto, va detto in generale che nessuna delle cugine è una straordinaria compagna di shopping. Essendo sostanzialmente, e ciascuna a modo suo, delle eccentriche, comprano seguendo criteri difficilmente condivisibili. Irene compra soltanto cose care, classiche e chic. Sofia compra a livello emotivo, ignorando qualunque esigenza del suo fisico, della sua casa o di sua figlia. Se è di buon umore, spreca quantità di soldi per, ad esempio, uno strabiliante mazzo di rose di seta. Se è sardonica, compra una candela enorme a forma di castello di Chenonceaux. Se è depressa, non compra niente e mangia solo tonno in scatola. Veronica compra quasi soltanto cose blu. Bibi compra a grandi blocchi mentali che durano qualche mese…>> (pagg. 94-95)

<<… La ragazza che sostituisce Sofia per questa settimana è Agnese, una nipote di Carolina: un’asina incapace che comunica la sua stessa noia di vivere alle clienti. Ho visto signore energiche ed entusiaste entrare con tutte le intenzioni di comprare aghi, fili, kit da ricamo, bottoni luccicanti e cordoncini per bordare la vestaglia, e dopo pochi minuti di trattative con Agnese uscire a mani vuote sbadigliando. In realtà, avevamo offerto il posto, almeno part-time, a Rebecca, ma nel bel mezzo delle sue turbinose attività la nostra ragazza si è resa conto che manca un niente all’esame di maturità e si è chiusa in casa a studiare. In assenza di sua madre, è la nonna, cioè zia Carla, a vegliare su di lei. Di Sofia, intanto, nessuna notizia. Evidentemente la vacanza d’amore funziona così bene che non prova neanche il normale impulso di telefonare a una cugina…>> (pag. 104)

<<… Eccola qui. Mi lascio trascinare dietro un’ortensia e la guardo con più attenzione. Come ho già detto, Irene è molto bellina, genere fata dei boschi, ma oggi mi rammenta piuttosto la mamma di Bambi cinque minuti prima che la impallinassero. Dardeggia occhiate in giro e, abbassando la voce in modo molto drammatico, mi chiede se c’è per caso sua madre nei dintorni.
La zia Margherita, insieme alle sorelle, sta ancora lavorandosi Eugenio, perciò la rassicuro: “Se non ha il superudito non ci sente. Rilassati, cocca”.
“Vuoi scherzare, non credo che mi rilasserò mai più nei prossimi dieci anni. Costanza, ho urgente bisogno di un consiglio. Sono incinta”.
Non è giusto. Ancora una volta, mi sento tagliata fuori dai grandi ruoli di protagonista. Se la vita avesse un minimo di senso drammatico, io dovrei essere quella che si ritrova ad aspettare un figlio di Alex proprio adesso che l’ho perso per sempre. Cosa c’entra Irene? Di chi è incinta? Ed è veramente incinta?...>> (pagg. 125-126)

<<… Alex si trascina giù dalla macchina e mi propone una passeggiata fino a un posto che sa lui, aperto anche a quest’ora, dove potremo bere dell’ottimo vinello locale. Per me è perfetto. Appena arrivata in questo posto, chiamerò un taxi e mi farò portare via.. Purtroppo, Alex non è più in grado di camminare e dopo tre passi vacillanti si abbatte su una panchina del lungomare. Mi indica le stelle e cerca di raccontarmi l’inizio di un film di peter Greenaway, ma dopo tre frasi si addormenta.
Mi sembra la giusta fine per la storia d’amore più inutile del dopoguerra. Lo lascio su quella panchina senza un briciolo di rimorso. Lo ammazzeranno, lo deruberanno, gli porteranno via la macchina, lo rapiranno per venderlo a un sultano gay. Fatti suoi…>> (pag. 154)



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