I QUATTRO SCOPI DELLA VITA, SPUNTINI DI RIFLESSIONE (6.2019) (di Cira Almenti - Estate 2019) |
Come funghi su un tronco d'albero abbattuto dalla tempesta, nuovi ristoranti spuntano sulle rovine di ogni negozio stroncato dalla concorrenza del commercio online. In uno di questi nuovi locali, che cercano disperatamente di distinguersi e spesso inalberano argute citazioni, ho trovato questo motto: "Uno dei quattro scopi della vita è mangiare, quali siano gli altri tre nessuno lo ha mai saputo". Molte buone forchette avranno sorriso: "Quant'è vero!". Quant'è vero? "Mangiare" qui non significa assumere nutrimento per vivere e mantenersi in salute, altrimenti non sarebbe uno scopo ma un mezzo. Il mangiare come scopo della vita si intende come inesauribile fonte di piacere da perseguire con ardore, come ogni piacere di cui non si può più fare a meno e per cui si è perciò disposti a spendere. Ma sarà vero che lo scopo per cui si va al ristorante è procurare esperienze indimenticabili alle papille, o ci si va più che altro per non dover cucinare e lavare i piatti? Ed è vero che gli altri scopi sono ignoti? Non ci sono altre mete da inseguire, oltre ai piaceri del palato? Ovvìa! Guardate bene gli specchi e modelli della società: pubblicità, telefilm e notizie sportive, e vi accorgerete che almeno uno degli altri tre scopi è ben noto: avere un corpo snello e muscoloso. A chi non piacerebbe? A me piacerebbe moltissimo. La pancia piatta mi farebbe lievitare l'autostima, d'estate non dovrei più crepare di caldo per nascondere la ciccia... Purtroppo, per l'autostima di domani dovrei rinunciare al piacere di oggi. Se tutti fossimo capaci di posporre il piacere, d'altra parte, Bacco, tabacco e zucchero subirebbero una battuta d'arresto. Ora mettiamo in moto le rotelle. E' possibile frequentare sfizioserie e spuntinoteche, fare il brunch e l'apericena, paragonare con cognizione di causa arrosticini, salamini, pastasciuttini e vini, assaggiare le prelibatezze che appaiono in ogni manifestazione "culturale", in viaggio spostarsi con la navetta del food tour da una piadineria a una pasticceria invece di scarpinare per musei e ciò nonostante sfoggiare un figurino filiforme? Spesso in TV giornalisti palestratissimi ci illustrano l'arte, l'artigianato e le eccellenze culinarie dei bisnonni. Quei fiori all'occhiello dell'enogastronomia alpino-padano-mediterranea erano però i piatti delle feste, e i bisnonni li mangiavano una volta l'anno. Ogni bisnonno/a mangiava gli sfrigoli del suo paese e a stento conosceva i bombolozzi del paese vicino. Questo i giornalisti non ce lo dicono, invece ci invitano (implicitamente) a spaziare dai canederli ai cannoli qui e adesso. Costruirsi un bel corpo, quando si lavora di mouse invece che di zappa e si mangia ogni giorno il piatto della festa, mi sembra così problematico che debbo trarne una spiacevole conclusione: i primi due scopi della vita si escludono a vicenda. Non si puù avere lo stomaco pieno e la pancia piatta. I modelli che pubblicità, letteratura, sport e film ci mettono costantemente davanti agli occhi sono più scultorei dei bronzi di Riace, hanno le gambe lunghe tre volte il busto e il sedere piccolo come un'albicocca. La frustrazione e l'invidia ci rodono e così ci consoliamo mangiando e bevendo. Il cibo è un antidepressivo più che un nutrimento e, come ogni antidepressivo, ha i suoi effetti indesiderati che gradualmente affiorano. Ma anche gli effetti indesiderati hanno la loro ragion d'essere. Se si tratta di adipe, ecco spuntare come funghi dopo la pioggia palestre e personal trainer, poi abbiamo programmi dietetici e pasti sostitutivi che ci lasceranno più poveri, più arrabbiati e con la stessa ciccia di prima. Le mille diete create per trasformare il grasso tuo in guadagno mio non funzionano quasi mai sui tempi lunghi perché non sono antidepressivi, anzi, ben presto annoiano e deprimono, provocando la ribellione. E tutto torna come prima. Le cause profonde dei rotoli di ciccia sono rimaste lì, radicate negli abissi dell'inconscio profondo dei mangioni I mangioni vogliono avere costantemente qualcosa di saporito sotto i denti, non rosicchiare ogni otto ore una squallida barretta. Ci vorrebbero delle gomme da masticare dolci e salate al sapore di cibo per soddisfare le loro brame, ma nessuno si fa venire l'idea perché le gomme millegusti manderebbero in crisi il business delle barrette. I mangioni ci sono sempre stati e sono sempre stati derisi, ma oggi sono indispensabili all'economia. Il conflitto insanabile fra i primi due scopi della vita fa sì che vengano consumati in quantità sia i beni che fanno ingrassare sia quelli che danno l'illusione di dimagrire. Tanto vale rendere il conflitto sempre più insanabile presentando modelli sempre più irraggiungibili e leccornie sempre più irresistibili, astutamente associate a grandi emozioni. Gelati avventurosi ci fanno sognare i Caraibi, mortadelle dall'aspetto genuino ci ricordano l'infanzia, pastasciutte porose ci fanno pensare al sugo della nonna, creme cremose ci riportano alla tetta della mamma. "L'unico modo di liberarsi di una tentazione è cedervi" si legge su molte pareti di gelaterie, pasticcerie e affini. Quant'è vero? Ci saranno sempre nuovi gusti da provare e nuove tentazioni. Cedi oggi, cedi domani, cedere è molto più facile che resistere è Perché posporre il piacere? La capacità di posporre il piacere e di dare il giusto peso alle emozioni, si dice, è indice di maturità, ma la maturità non serve nell'economia in cui viviamo, anzi, è d'intralcio. C'è bisogno invece di consumatori impulsivi, pronti ad aprire la borsa sull'onda dell'emozione. L'economia dei paesi industrializzati funziona infatti in base al modello della crescita infinita: mantenere stabile la clientela non basta, il giro d'affari deve crescere. Sempre più persone devono consumare sempre di più, quindi la popolazione deve essere convinta con ogni mezzo a consumare, nel nostro caso a scofanarsi, a più non posso. Più si scofana più ingrassa, più ingrassa più spende per dimagrire e già, grazie ai primi due scopi della vita, debitamente pubblicizzati, due settori dell'economia possono continuare a crescere. Oltre alla ciccia, le eccellenze dei bisnonni hanno altri effetti indesiderati: ipercolesterolemia, iperglicemia, ipertensione, ipersodiemia, iperazotemia: problemi seri ma inevitabili, come ci insegna l'industria dell'intrattenimento e dello spettacolo, quella che aiuta tutte le altre a vendere ciò che deve essere venduto. Tutti i film e le serie televisive leggere ci presentano come persona rigida e frustrata, tecnicamente un rompiscatole, chi snobbi i piatti ricchi di colesterolo e zuccheri raffinati della "nostra" tradizione. Chi invece si spara sulle tonsille in lieta compagnia il tortellone dop ai ciccioli croccanti è sempre una persona simpatica che vive e lascia vivere, con cui è facile identificarsi. L'impulsivo che cede alle tentazioni appare più "umano" del lungimirante che riflette sulle conseguenze delle proprie scelte gastronomiche. Attori famosi, dal fisico asciutto, si fanno portavoce dell'industria colesteroliera fingendo di spazzolare amatriciane e fiorentine, mentre cuochi atletici soffriggono davanti alle telecamere. A veder inforchettare il tortellone dop vien voglia di fare lo stesso, e, se i mangiatori sono magri, nasce e cresce l'illusione che sia possibile scofanarsi senza conseguenze. In fondo crediamo a quel che vediamo. Ai telespettatori viene l'acquolina e tutti in coro pensano: "Ma dai, per una volta"! Una volta può significare una volta l'anno, una volta al mese, una volta a settimana, una volta al giorno, una volta al pasto, quella "una volta" però ci salverà dal mangiare roba insipida e diventare persone antipatiche. "Di qualcosa bisogna pur morire, meglio morire a pancia piena" - questo ritornello si ode spesso. Chi lo ripete ha imparato bene la lezione ma ha fatto male i suoi calcoli: di iper non si muore necessariamente all'improvviso. La morte improvvisa arricchisce sì le onoranze funebri (anche loro devono campare), ma, per continuare a produrre, l'ideale è la malattia cronica o per lo meno lunga. Non puoi più consumare insaccati libidinosi e gelati emozionanti? Consumerai sedativi, diuretici, vasodilatatori, betabloccanti, analgesici, antibiotici, calcioantagonisti, sodioprotagonisti... Di iper si soffre. A volte si finisce in ospedale, e il malato che si rotola da un'ora nel pannolone pieno di cacca suonando inutilmente il campanello per chiamare l'infermiera non pensa certo a quanto sia stato bello addentare ogni sera una sei formaggi con salsiccia e salame piccante. Solo gli orrori ospedalieri più eclatanti arrivano alle notizie, ma in generale sulla sofferenza dei malati l'industria dell'informazione glissa, e glissa sul collegamento fra la malattia e le cattive abitudini che l'hanno preceduta. La malattia è presentata più che altro come un fulmine a ciel sereno, qualcosa a cui è meglio non pensare perché tanto non ci si può far nulla. Mangiamo e beviamo perché domani moriremo... forse domani moriremo - invece che dopodomani o fra vent'anni - perché abbiamo mangiato e bevuto troppo. Finché si è giovani e rampanti non ci si fa molto caso, ma con l'accumularsi degli iper ci renderemo conto che anche il terzo dei quattro scopi è noto: un corpo sano, oltre che snello! Anche questo terzo scopo fa a pugni con il primo, ma noi vogliamo goderci impunemente i ciccioli croccanti, e allora che dobbiamo fare per razzolare male e sentirci bene? Se l'industria alimentare si espande facendoci ammalare, l'industria farmaceutica si espande mettendoci una pezza. L'industria farmaceutica è uno dei giganti della finanza mondiale, se leggete le note in fondo vi accorgerete che non si tratta di bruscolini. Tanto il malato cronico quanto l'inghiottitore seriale di pillole sono gli amati clienti di questo temibile colosso industriale. Se osserviamo le nostre reazioni mentre guardiamo la pubblicità, potremmo accorgerci che consideriamo naturale avere ogni tanto dei piccoli acciacchi come bruciore di stomaco, flatulenza, nausea, gengive sanguinanti, astenia, mal di schiena, cefalea, mal di gola... le cause non ci interessano, ma tutto si risolve con un farmaco da banco. Se ci interrogassimo sulle cause scopriremmo che gli acciacchi non sono naturali e che potremmo evitarne molti cambiando poche cattive abitudini. Un esempio: le bevande gelate al pasto. La digestione richiede calore; le bibite fredde la rallentano, soprattutto se è freddo anche il clima. Gonfiore, sonnolenza, bruciore, fermentazione e gas, malassorbimento con conseguenti carenze fanno tutti capo a una cattiva digestione. Basterebbe bere una tazzina di tisana calda al pasto invece di una minerale gelata per evitare metà delle pillole e bustine. Ma se tutti facessero così si venderebbero meno gelati, andrebbe in crisi qualche ditta farmaceutica e migliaia di persone perderebbero il lavoro. Non possiamo essere così egoisti da mangiare sano e stare sempre bene! E poi perché cambiare abitudini quando per ogni disturbo c'è la pillola magica? Cambiare è faticoso, inghiottire pillole è facile. Ci avete fatto caso? I primi tre scopi della vita passano per la bocca. Come uccellini nel nido i consumatori gridano: "Nutriteci, impasticcateci, riempiteci per favore, ci sentiamo vuoti!". Siamo consumatori-bambini sempre alla ricerca di qualcosa che non abbiamo, ma che possiamo identificare di volta in volta grazie alla TV e ai social. Avere quel qualcosa in bocca ci renderà felici, almeno per un po'. Diamo ormai per scontato che la felicità, come quasi tutte le vitamine, non venga prodotta dall'organismo ma debba essere introdotta con il cibo è o con gli integratori. La felicità comunque non figura tra gli scopi non-tanto-ignoti della vita, oggi si chiama, più concretamente, benessere. Sentirsi bene è senz'altro uno scopo. Diamogli il numero quattro, anche se potrebbe essere lo scopo primario che include tutti gli altri. Sentirsi bene non dispiacerebbe a nessuno, con o senza pubblicità. La pubblicità ci suggerisce perè che cosa possa procurarci il desiderato bene. In nome del benessere si vende qualsiasi mercanzia (pillole, creme, insalatine) o attività (viaggi, massaggi, drenaggi) che possa anche vagamente suscitare una sensazione a cui non siamo molto abituati e che forse non sappiamo nemmeno identificare. D'altra parte siamo tanto abituati a sentirci male, che il gradiente del "sentirsi bene" potrebbe spaziare dalla semplice interruzione del malessere fino all'esperienza paradisiaca delle terme di Montesecchielli. Esperienza che vivremo nel nome dello "staccare la spina", e già semplicemente staccare la spina è fonte di benessere. Ma siamo davvero capaci di staccarla o in fondo, ovunque ci troviamo, pensiamo sempre alle stesse cose? Che ne è stato del sesso, che molti considerano l'unico o almeno il principale scopo della vita? In una società bambina, votata al consumo rapido e vorace, sembra essere passato in seconda linea rispetto al cibo. Avere un bel corpo da mettere in mostra nelle piscine di Montesecchielli ha naturalmente uno scopo sessuale, ma in senso più che altro narcisistico. Chi ha un bel corpo, o per forza di carattere o perché è inappetente dalla nascita, se lo adora e spende per renderlo sempre più attraente con piercing, trucco, tatuaggi, vestiario, accessori, siliconi, acconciature che comunicano la disponibilità all'accoppiamento. Il partner da adescare, a quel che vedo e leggo, è più che altro uno specchio in cui rimirarsi. Il messaggio "accoppiamoci" potrebbe venire trasmesso anche senza spendere niente, ma ogni società ha le sue convenzioni, e nella nostra per rispettarle dobbiamo acquistare prodotti. La messaggeria sessuale è al centro di un notevole business indubbiamente in espansione, come si nota dal proliferare di strane botteghe dove giovani donne vanno a farsi allungare i capelli o costruire unghie monumentali ornate di affreschi e bassorilievi, o dal proliferare dei farmaci contro l'impotenza per maschi stressati, accaffeinati e tabagisti che dormono un'ora a notte, bevono birre gelate e ciò nonostante vorrebbero ...ehm... Tutto ciò si raccoglie normalmente sotto il concetto-ombrello di "benessere". E i soldi? Il fine della ricchezza in una societò edonista è poter cedere ad ogni nuova tentazione; le eccezioni che confermano la regola sono considerate esempi di tirchieria. In una società tirchia e laboriosa ove regnasse la famosa "etica protestante", ormai un pochino datata, il desiderio di arricchirsi al solo scopo di accumulare ricchezze sarebbe invece considerato lodevole. Gli scopi della vita che ci vengono pubblicizzati sono tutti forme di piacere e hanno tutti i loro effetti collaterali. In vecchiaia, con il fisico minato dall'abitudine di mettere in bocca di tutto sia fisicamente che emotivamente, finisce la pacchia. L'amato cliente che ha sempre ragione diventa un rimbambito che ha sempre torto. Soli e frastornati in un letto di ospedale, ci si trasforma in puri e semplici strumenti di produzione per medici, infermieri e ditte farmaceutiche. Il malato sta al personale ospedaliero come la scopa sta allo spazzino. Ogni epoca ha avuto i suoi "scopi della vita", spesso differenziati per ruoli sociali. Nel Medioevo ad esempio il piacere non esisteva se non per pochi ricchi signori e mercanti, mentre il popolo minuto cercava di evitare l'inferno e l'inquisizione. Lo scopo degli studiosi era la conoscenza, ideale molto apprezzato nel Rinascimento, e per tanti studiosi lo è ancora. La felicità dei filosofi greci, eudaimonìa, consisteva nella realizzazione della propria natura, e naturalmente era riservata a chi aveva tempo ed agio di riflettere sulla propria natura, poi l'idea si è diffusa grazie alla costituzione americana del 1776, ove si dichiara che tutti gli uomini nascono uguali e hanno il diritto alla libertà e alla ricerca della felicità. Bellissime parole ma un po' stonate, considerando che la schiavitù fu abolita solo nel 1850. D'altra parte gli schiavi africani, gli "indiani" d'America e le donne di qualsiasi colore non erano ritenuti uomini. Poi la felicità, un po' astratta per i nostri tempi, ha lasciato il posto al piacere. Più prontamente ci permetterà di evadere da una realtà sconfortante, più prontamente apriremo il portafogli per procurarcelo. Questo è quanto ci si aspetta da noi perché, dall'inizio alla fine, la nostra presenza sulla terra nel ventunesimo secolo ha un solo scopo, ben preciso: contribuire alla crescita economica infinita. A meno che non ce ne scegliamo consapevolmente un altro. Cira Leggete le note: NOTA 1 Citazione dal sito https://www.fedaiisf.it/top-10-delle-multinazionali-farmaceutiche-nel-2018/: La farmaceutica è un business globale di dimensioni gigantesche. Soltanto nel 2017, le dieci più importanti aziende farmaceutiche del mondo hanno generato un fatturato di 437,26 miliardi di dollari (circa il 40% della quota di mercato globale). Una cifra ben superiore al PIL della maggior parte dei paesi del mondo. NOTA 2 Sul sito https://www.verafinanza.com/le-50-societa-piu-grandi-del-mondo-nel-2018/ potrete verificare che tra i giganti dell'industria figurano Johnson & Johnson, Procter & Gamble, Novartis, Pfizer, Roche. Per lìindustria alimentare Nestle e Coca Cola. Utile anche l'articolo di Wikipedia sull'industria farmaceutica, con particolare riferimento al paragrafo sul "Big Pharma" e i suoi (presunti) misfatti. Continua il resto della coda |