Il mio problema di incomunicabilità – disse Susanita in una striscia di Mafalda tanti anni fa – è di non riuscire a incomunicare.
La logorroica ragazzina frastornava tutti gli amichetti con le sue chiacchiere e nessuno voleva più starla a sentire. Il mio problema di incomunicabilità invece dipende dai mezzi di incomunicazione.
Messenger, la chat di Facebook, ti informa in apertura di pagina che hai un tot di messaggi, ma, dopo che hai letto il primo, il numeretto indicatore sparisce dalla barra delle applicazioni. Ops… quanti erano? I messaggi ci sono ancora, ma se non clicchi sull’icona-fumetto di tua iniziativa, non li vedi più. Per me che ho pochi amici e pochissimi messaggi è facile tenere il conto, ma chi ha migliaia di amici e la chat sempre rovente sicuramente si perde la maggior parte delle comunicazioni, e a quelle che riceve risponde prima di averle lette. Se scrivo un messaggio più lungo di tre righe, dall’eventuale risposta mi accorgo che chi l’ha ricevuto ne ha letto solo un pezzetto – l’inizio o la fine – e risponde a quello che ha capito, che raramente corrisponde a quello che io avevo scritto. Ogni tentativo di chiarimento o prosieguo della comunicazione finisce nel nulla. Così, più che altro per stanchezza e mancanza di memoria a breve termine, si può offendere chi si aspettava una risposta o aveva una questione urgente. Chissà quante amicizie vanno a pallino così.
E tutto ciò non per cattiva volontà di chi (non) riceve il messaggio, ma forse perché la maggior parte delle persone gestisce la propria vita sociale dal piccolo display dello smartphone, dove le parole saltellano velocissime su e giù come chicchi di popcorn nella padella. Di un testo più lungo di tre righe, che non sta tutto nello schermo, si riesce a leggere sì e no la terza parte. Come si fa a comunicare senza mai superare le tre righine di un minimessaggio su Messenger? Allora meglio scrivere una mail… Col piffero: anche la mail finisce sullo schermo dello smartphone insieme agli sms e ai per me ancora misteriosi whatsapp.
L’incomunicazione ha anche il suo pericolosissimo lato emotivo: insieme alla stanchezza arrivano i nervi sempre a fior di pelle. Dimentichiamo impegni e messaggi, ma per prendere fuoco, con o senza motivo, la memoria basta sempre. Un errore tecnico, un concetto troppo complesso per essere spiegato in tre righe, una virgola fuori posto possono scatenare reazioni emotive che forse ti alieneranno per sempre l’amicizia di persone che non avevi nessuna intenzione di offendere. Come spiegargli che si è trattato di un malinteso? La comunicazione è già finita nel nulla. Tutti hanno troppa fretta per volgersi indietro a rimirar lo passo. Parole, concetti, persone sono già volate via.
Io che, per accudire la mamma, devo vivere al rallentatore – e forse è meglio così – ci rifletto sempre di più prima di scrivere un messaggio. Meglio limitarsi a mettere un like o un cuoricino sotto i post altrui e scaldarsi la punta delle dita alla fiammella dei like e cuoricini degli amici. E chiuderla lì.
Cira
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