Pensiero con la coda
(di Cira Almenti - Inverno 2011)
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IL PIANETA DELLE SCIMMIE
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Dalla serie
televisiva ”Il pianeta delle scimmie”, molto liberamente ispirata alla novella di Pierre Boulle ” Scena: due uomini,
gli unici umani liberi in un mondo in cui gli umani sono schiavi delle scimmie,
camminano su una spiaggia. Vedono un uomo anziano legato a una specie di
zattera, che galleggia su un mare irto di pinne di squali, e lo salvano. L’uomo
viene nascosto in una caverna, ma appena si riprende comincia a farneticare che
gli dèi vogliono la sua morte, rimprovera i suoi salvatori e cerca di
uccidersi. I due eroi ci restano di sale, e per far calmare lo strano tipo sono
costretti a legarlo. Pian piano riescono a farlo parlare: l’uomo proviene da un
villaggio di schiavi pescatori. Il pescato serve ad alimentare le fabbriche di
colla delle scimmie (a che serva tanta colla di pesce non è dato sapere). I
pescatori vivono finché sono abili al difficile lavoro di acchiappare pesci con
l’arpione. Quando non ce la fanno più, fanno la fine della zattera. Le scimmie
hanno creato dei rituali per mettere gli uomini periodicamente alla prova e li
hanno convinti che la morte dei non più adatti al lavoro sia la volontà degli
dèi. Non si sa come vada con le donne, che naturalmente hanno finalità
riproduttiva e di servizio; in pratica sono le schiave degli schiavi, e il film
stende un velo pietoso sulla loro sorte. Nel villaggio non si vedono nonni né
nonne. Senza nonni, e quindi senza memoria, senza saggezza e senza storia, gli
abitanti del villaggio danno la massima importanza alla giovinezza e alla
forza, loro unica garanzia di sopravvivenza. Posso immaginare, anche se il film
non se ne occupa, le gare tra schiavi, il rigido ordine di beccata e la virilità
isterica dei ragazzi, tipica dei maschi da fatica. Rigorosamente analfabeti,
non aspirano affatto ad istruirsi, anzi, se uno di loro imparasse a leggere lo
disprezzerebbero. Tutti cercano di autoconvincersi che non diventeranno mai
vecchi. Quando lo diventano, l'autostima scende istantaneamente sotto zero. Se
non li ammazzano le scimmie, si ammazzano da sé. I nostri eroi, gli uomini liberi, che sono naturalmente due
pezzi di maschi muscolosi ma anche molto cervelluti, si fanno assumere come
pescatori, inventano la rete da pesca e poi convincono le scimmie che a
inventarla è stato il vecchio da loro salvato. Con l’aiuto delle reti si
prendono più pesci, e anche gli anziani potranno rendersi utili fabbricandole e riparandole. Grazie
all'intelligenza, al coraggio e all'altruismo dei due eroi, le regole e la
volontà degli dèi verranno cambiate, e i costumi del villaggio - immagino - si addolciranno. Alla fine i due uomini
liberi se ne scappano con un trucco e tornano liberi. Il film finisce lì.
Io, come ogni volta che vedo un film, resto a fantasticare. Che succederà nel
villaggio? Quanto tempo ci metterà una società sbandata di ragazzi isterici a
rifarsi un'identità? Gli umani sono potenzialmente più creativi delle scimmie e
quindi, se cominciano a rendersene conto e a riacquistare l’autostima
distrutta, presto daranno filo da torcere ai loro pelosi padroni. Come vivono le
scimmie, ancora ignare della tempesta che si addensa sulle loro pigre zucche?
Le scimmie, un’elite poco numerosa di oranghi e scimpanzé, ben protetta da
gorilla armati, non si buttano certo a mare appena stanno per raggiungere l’età
pensionabile, bensì invecchiano con dignità, circondate dai loro scimmiottini,
e campano cent’anni, godendosi il frutto del lavoro degli schiavi. L’elite
scimmiesca non produce, ma ha diritto al nutrimento e alle cure a cui gli
schiavi non hanno diritto. Gli schiavi diventerebbero troppi e costerebbero
troppo se fossero curati e mantenuti a lungo in vita, perciò bisogna
distribuire attentamente le risorse, dopo aver stabilito alcune priorità. Gli schiavi del
villaggio marino sono troppi per essere incatenati, e infatti non lo sono. Il
villaggio è controllato, sì, da gorilla armati, ma gli schiavi hanno le loro
catene nella mente: sono convinti che nella vita le cose più importanti siano
giovinezza e forza, e con l’impallidire di queste si mettono in fila per salire
sulla zattera della morte. Le scimmie sono riuscite a innescare una bomba a
orologeria nella loro coscienza. Se gli schiavi si
ribellassero, i gorilla armati ucciderebbero i più ribelli e gli altri
tornerebbero a ubbidire. Se gli schiavi riuscissero a sconfiggere i padroni, i
vincitori diventerebbero le nuove scimmie. La ribellione violenta può causare
uno scambio di ruoli nello stesso vecchio copione, ma per cambiare il copione
ci vogliono reti da pesca, cioè idee nuove, alternative a cui nessuno aveva
pensato prima. Anche noi siamo
dominati da scimmie, depilate e vestite. Lavoriamo per loro, viviamo e moriamo
ai loro ritmi e crediamo quello che loro vogliono farci credere. Gradualmente
ci privano di cure e di istruzione e sostituiscono la dignità con il culto
dell'efficienza. Vogliono che siamo giovani e belli e sperano di seppellirci
prima della pensione. Perciò noi vogliamo essere giovani e belli e detestiamo
sempre più cordialmente tutti coloro che ci ricordano i nostri umani limiti:
gli anziani, i malati, le persone più lente, meno efficienti e più intelligenti
della media. Le scimmie in giacca e cravatta hanno diviso il mondo in "vincitori"
e "perdenti", nuove categorie che fanno chiarezza nella mentalità
degli schiavi. Ci sono tanti film in
cui l'umanità viene aggredita o è stabilmente dominata da scimmie, marziani o
macchine. Il padrone cattivo diventa letteralmente disumano, improbabile e
fantascientifico, e viene sgominato dall'eletto di turno. Maschio. Queste
storie svelano e lasciano velato, fanno sognare e impediscono di vedere. È
proprio vero che siamo schiavi, ma non dei marziani o delle macchine. I cattivi
sono umani come noi, e noi siamo scimmie, marziani e macchine come loro. Alla
prima occasione il salvatore diventa padrone. E' già successo tante volte. Il cambiamento
avverrà se si raggiungerà la massa critica, se ci saranno abbastanza menti
rischiarate capaci di funzionare sulla frequenza della cooperazione fra umani
liberi invece che su quella della competizione fra schiavi, oltrepassando le
fetide categorie "vincitori" e "perdenti". Questo lavoro non si fa con i muscoli e
nemmeno con lame, pistole, occhiali da sole e lunghi cappotti neri. Si fa con
le reti da pesca.
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